Lettera sulla chiusura degli impianti da sci

di Mauro Bondi

Caro Direttore,

non ho mai abitato la Rendena in qualità di turista: vuoi perché i miei nonni materni facevano di cognome Ongari e Collini, vuoi perché in Rendena ci ho vissuto e continuo a viverci gran parte della mia vita. Tutto sommato potrei godermi meglio la valle se i “foresti” (nel senso non solo di “italiani” ma oramai anche stranieri nel vero senso della parola) se ne stessero a casa loro così da non incontrarli, spesso più rumorosi del necessario, in giro per boschi, piste da sci e rifugi.

Ciò premesso proverei ad offrire qualche spunto di riflessione per capire le ragioni (ce ne sono?) per cui, nonostante i lunghi ponti pasquali, le funivie di Pinzolo hanno chiuso la settimana scorsa e quelle di Campiglio questo martedì, provocando, cosi si dice, la chiusura di molti alberghi e di altre attività importanti, come ad esempio le due più celebri caffè-pasticcerie in pieno centro a Madonna di Campiglio: sbarrate come in una città fantasma del far west..

Le ragioni (?), rectius, le argomentazioni sono note: la presenza turistica è troppo bassa in questo periodo per giustificare la apertura di impianti e alberghi i cui costi di esercizio superano i vantaggi delle troppo limitate entrate. Probabilmente è vero ma il problema va affrontato sotto un’altra triplice angolazione.

La prima: siamo sicuri che la gente sia poca non avendo certezza di trovare a Pasqua una stazione turistica a pieno ritmo e così dirottandosi sulle sempre piene (sarà un caso?) stazioni sudtirolesi dove il turismo si pratica (e non si predica) 365 giorni all’anno? Non è che negli anni i turisti in Rendena hanno capito come la Pasqua sia meglio passarla dove la certezza di trovare tutto aperto è, appunto, una certezza?

La seconda: come possiamo pretendere di considerare il Trentino e la Val Rendena territori a vocazione turistica quando è solo il tornaconto immediato in termini di presenze e passaggi a determinare l’offerta per cui si chiude quando vi è poca gente? E’ veramente meglio l’uovo oggi piuttosto che la gallina domani? Anche le due settimane dopo le vacanze natalizie registrano passaggi limitati e tali da non giustificare i costi ma non credo sarebbe pensabile chiudere e aprire in funzione delle presenze più o meno scarse. Fosse così perché allora non chiudere gli impianti nei giorni di neve e pioggia quando solo pochi disperati si avventurano sulle piste?

La terza: il ruolo della politica? Sempre che la politica abbia un ruolo (come io credo debba avere) e soprattutto che lo sappia esercitare (come io credo non sappia fare). La mia fiducia nella politica è tale per cui da anni non esercito più il diritto di voto, se non alle elezioni europee, per cui direi che il problema è irrisolvibile. La speranza è però l’ultima a morire e così provo a chiedere se qualcuno possa farsi carico dello specifico problema (per non allargare troppo il campo del dibattito) della chiusura degli impianti sciistici prima della fine del ponte di Pasqua – 25 aprile – 1 maggio, quando la neve (almeno in Rendena) è tanta, il tempo è bello, il paesaggio magnifico e i turisti alcuni ci sono, arrabbiati, e molti di più potrebbero esserci.

E’ vero: le funivie sono private e, in teoria, potrebbero fare quello che credono ma, senza arrivare (perché no?) come in altri Paesi (non comunisti) a considerare gli impianti come infrastrutture pubbliche di servizio al territorio (come le strade) è un fatto che si tratta di società ben alimentate da fondi pubblici. Se è vero che gli impianti (come molti alberghi) sono privati è anche vero che dalla PAT arrivano non poche risorse finanziarie e così, visto che la PAT paga, la PAT potrebbe convincere, rectius, costringere le società di funivie (e forse anche gli alberghi dal pubblico sovvenzionati) a tenere aperti gli impianti anche se in perdita, non dimenticando che in alcuni casi quelle funivie sono pure state realizzate e finanziate (per evitare sanzioni dal’europa) in qualità di “mobilità alternativa”. O ricordo male?

Per concludere sogno da anni un bel manifesto pubblicitario in cui si possa leggere che in Rendena, almeno a Campiglio, si scia fino al primo maggio e gli impianti sono sempre aperti per raggiungere posti panoramici unici al mondo. E’ triste, oltreché autolesionista economicamente, vedere durante il ponte di Pasqua impianti fermi, ristoranti, pasticcerie e negozi con le serrande abbassate e turisti che l’anno successivo passeranno le feste pasquali dai nostri cugini sudtirolesi per i quali ogni ospite è come fosse l’unico turista presente, coccolato e viziato così bene da sapere che tornerà e dopo di lui i figli con i nipote e gli amici. Non servono consulenti strapagati, di solito amici o amici degli amici politici, per fare marketing di alto livello perché per fare dell’ottima accoglienza bastano poche cose di puro buon senso, quel buon senso che un tempo, nelle nostre valli, non mancava mai.


Mauro Bondi