PAT e innevamento: mi dicono che ci sono commenti su facebook…

di Lucio Binelli

PAT e innevamento: mi dicono che ci sono commenti su facebook…

Mi dicono che ci sono commenti su facebook (strumento che aborro e quindi non frequento) che immagino siano dovuti a un fraintendimento: evidentemente non sono riuscito a farmi capire.

(https://www.campanedipinzolo.it/cronaca-locale/leggo-che-la-p-a-t-e-orgogliosa-di-una-pensata-che-a-me-pare-tuttaltro-che-geniale/)

Mi scuso per il ritardo con cui cercherò di chiarire.

Io sostenevo, e sostengo, che sia discutibile che la P.A.T. garantisca il “ristoro” agli impiantisti SE NON DOVESSERO APRIRE!

E chiarisco: non solo penso che non sia geniale, ma mi sembra una follia!

Proprio perché la garanzia promessa dalla Provincia sarebbe attivata se gli impianti rimanessero chiusi! Le ragioni mi sembravano ovvie, ma evidentemente non lo sono.

Se gli impianti non aprissero, coloro a cui garantire i ristori sarebbero altri e gli impiantisti sarebbero gli ultimi.

Se gli impianti non aprissero, a soffrire maggiormente sarebbero innanzitutto  i lavoratori stagionali (che non sarebbero assunti), i dipendenti a tempo indeterminato (che sarebbero messi in cassa integrazione), e tutta la filiera direttamente legata allo sci (scuole di sci e noleggi).

Dopo di questi, ma in misura leggermente minore perché non necessariamente la chiusura degli impianti comporterebbe il “vuoto pneumatico” di presenze, soffrirebbero i commercianti, gli esercenti, gli albergatori, i proprietari di case da affittare, e, di conseguenza, tutti i dipendenti di queste attività.

Gli impiantisti, gli azionisti delle Società impiantistiche, sono quelli che soffrirebbero meno!

Diverso sarebbe stato (anche se, secondo me, altrettanto discutibile) garantire i “ristori” agli impiantisti soltanto se aprissero garantendo livelli occupazionali pari alla media degli anni precedenti: solo in questo caso si sarebbe potuto pensare di “ristorare” le Società impiantistiche perché probabilmente i loro bilanci, a fine stagione, soffrirebbero.

Ci sarebbe comunque, in caso aprissero, un fattore che nessuno tiene in considerazione:

gli impianti aperti e frequentati costituirebbero un carico ulteriore per ospedali e medici (chiedere lumi su quanti ricoveri al giorno per traumi sulle piste ci sono durante la stagione sciistica!) e nessun protollo garantirebbe di poterlo evitare. Di questi tempi, non mi sembra tanto astuto…

Per concludere, nel caso in cui gli impianti non potessero aprire (o se scegliessero di non farlo) le “perdite” economiche sarebbero, per gli impiantisti, pesantissime ma non letali.

Per tutti gli altri (gli anelli più deboli, economicamente e sanitariamente, della catena ) invece…

Purtroppo la coperta è corta:

se la si tira verso le spalle (economia) si lasciano scoperti i piedi (la salute pubblica) e viceversa.

Se si cerca la “via di mezzo” si provocano danni ingenti ad entrambe le estremità.

Il mio, modestissimo, punto di vista su questa “scelta” deriva da una constatazione:

l’economia è sempre stata ricostruita, ovunque, su macerie ben peggiori di quelle che potrebbero derivare dalla crisi Covid.

Le vite delle persone, invece, non sono ricostruibili: quelle perdute non le si recuperano.

E, ad oggi, in Italia ne abbiamo perdute più di cinquantamila.