Ecco la storia degli Schwabenkinder, i bambini di Svevia

Ecco la storia degli Schwabenkinder, i bambini di Svevia

In questo triste momento per tutti noi, ho pensato di riportavi una storia che sembra lontana, forse solo perché parla di un territorio che è sicuramente trasformato in quanto a ricchezza. Ve lo immaginate un bambino altoatesino che viene di fatto “ceduto” temporaneamente e che affronta un viaggio faticoso che lo porterà ad un lavoro altrettanto difficile? Ecco la storia degli Schwabenkinder, i bambini di Svevia.

I bambini di Svevia – Schwabenkinder
L’espressione bambini di Svevia (in tedesco Schwabenkinder) designa quei bambini, figli di contadini, provenienti da Tirolo, Alto Adige, Liechtenstein e Svizzera che, a partire dal XVII secolo con apice e fine all’inizio del XX secolo, venivano acquistati e impiegati in Svevia dai proprietari terrieri per lavori stagionali.

Origine
All’origine del fenomeno vi era la profonda povertà che caratterizzava l’Alto Adige (in particolare la Val Venosta), la Svizzera e la parte occidentale dell’Austria, specie nei loro territori montani. Uno dei principali motivi alla base di tale povertà era la frammentazione delle proprietà agricole, derivante dal sistema di successione ereditaria. Tale polverizzazione, in un’attività che già di per sé produceva scarso reddito, non consentiva spesso di sovvenire alle necessità delle famiglie, normalmente assai numerose. Ricordiamo che in questa parte del Tirolo non era in vigore l’istituto del “Maso chiuso” che impediva la frammentazione della proprietà contadina.
In questo quadro migliaia di bambini erano talora impiegati come contadini o servi nelle campagne. Quando la disoccupazione si inaspriva e le risorse a disposizione delle famiglie erano talmente scarse da renderne impossibile la sopravvivenza, una soluzione fu quella di cercare lavoro stagionale nelle regioni più ricche a settentrione, come la Svevia.

Il viaggio
La partenza avveniva in marzo. I giovani destinati al mercato avevano un’età compresa tra i 5 ed i 14 anni. Date le condizioni climatiche primaverili ancora rigide e le notevoli distanze da percorrere, il viaggio, che durava diversi giorni, era molto faticoso e pericoloso. Si dovevano infatti seguire sentieri montani ancora innevati e dormire in accampamenti di fortuna come stalle. I bambini, vestiti di stracci, erano accompagnati da un adulto, solitamente un giovane parroco.

Il mercato
Il 19 marzo (festa di San Giuseppe) si svolgeva il mercato in piazza dove venivano scelti i “lavoratori” in base alle qualità fisiche e alle esigenze dei compratori.
Le retribuzioni consistevano per lo più in indumenti e pochi soldi a fronte di un impegno lavorativo di diversi mesi. I giovani restavano al servizio dei loro compratori fino alla fine di ottobre e al ritorno erano sollevati dall’obbligo di frequenza scolastica invernale.
Le città scelte come destinazioni erano soprattutto Ravensburg, Friedrichshafen, Kempten.

Il lavoro
Il lavoro che i giovani svolgevano variava molto in base alle disposizioni del compratore ma si trattava solitamente di mansioni agricole o di allevamento bestiame per i maschi, e di servitù casalinga per le femmine.
Anche se in alcuni casi il periodo passato al servizio di queste persone si rivelò un’esperienza positiva, frequenti furono i casi di padroni violenti o di lavori prossimi alla schiavitù che sovente generavano casi di infortunio, morte o violenze di ogni tipo.

Il ritorno
Alla fine della stagione estiva, in genere per S.Martino (11 novembre), i bambini potevano tornare dalle loro famiglie. Molti di questi però sceglievano di restare nelle più ricche regioni della Germania.

Il “mercato” dei bambini a Ravensburg (fine Ottocento)
Il “mercato” dei bambini a Ravensburg (fine Ottocento)