L’esperienza del club in questo tempo che interroga

di Cristina Dal Lago - Club Edelweiss Pinzolo

L’esperienza del club in questo tempo che interroga

L’esperienza del club in questo tempo che interroga

I mesi che abbiamo appena attraversato resteranno per sempre impressi nella nostra memoria.

Improvvisamente tutti accomunati da una situazione imprevedibile e traumatica, una situazione che riguardava tutti. Solo insieme si poteva affrontare. Ognuno chiamato a fare la sua parte, comportandosi con responsabilità, consapevole che i suoi comportamenti, le sue scelte hanno una ricaduta sulla collettività.

Questa non era una lezione nuova per le famiglie appartenenti ai “Club alcologici territoriali” e ai “Club di ecologia famigliare”, che sono piccole comunità di famiglie in cambiamento. Il ricorrere al concetto di bene comune, al fare assieme, alla corresponsabilità nel promuovere la salute è parte integrante dell’approccio dei club. In quei primi giorni drammatici confesso che provavo un certo sollievo nell’avvertire che il senso di appartenenza allo stesso genere umano, dovunque afflitto dalla stessa paura e fragilità, generava sentimenti di solidarietà e di vicinanza, abbattendo i fili spinati divenuti così fitti e intricati in questo nostro pianeta.

Anche tra operatori di diversi servizi sanitari nasceva un comun sentire; l’appartenenza ad una categoria chiamata ad affrontare l’emergenza ridestava e consolidava il sentimento di servizio, di collaborazione e  di corresponsabilità.

Da alcuni colleghi di altri servizi mi è giunta una considerazione che mi ha fatta riflettere: avevano osservato che le persone da loro in cura, appartenenti al club, stavano rivelando maggiori risorse per reagire al difficile periodo di isolamento e di smarrimento che accomunava tutti.

L’appartenenza al club

L’appartenenza al club …. cosa fa risuonare in me questa frase? Penso al “mio” club, mio perché vi appartengo, ne sono parte da molti anni in qualità di servitore-insegnante (con ciò si designa una persona formata che facilita la comunicazione, presente in ogni club). Lo descriverei come uno di quei contesti abbastanza conosciuti ma al contempo volutamente invisibili; nelle nostre comunità non è così gradito un contesto che rispecchia le fragilità e le sofferenze che fatichiamo a riconoscere, che potrebbero essere anche nostre o della nostra cerchia.

Per alcuni mesi, noi del club Edelweiss di Pinzolo e di tutti gli altri club, non abbiamo la possibilità di incontrarci direttamente, faccia a faccia.

Il lockdown ci ha tenuti distanti. Abbiamo creato un gruppo WA con regole abbastanza precise per non incorrere in una messaggistica superficiale e martellante, cercando di darci appuntamento al lunedì, giorno di incontro del club, e di parlare di noi stessi, dei nostri vissuti e pensieri in una disponibilità di condivisione il più trasparente possibile.

Le prime settimane non è andata male, siamo riusciti ancora a sentirci in un cerchio, seppur virtuale, e a confrontarci, a volte con incoraggiamenti profondi di fronte a chi esponeva un problema o un vissuto faticoso. Il messaggio scritto permette di entrare in un contatto empatico profondo, di utilizzare parole incisive e dense di significato. Andando avanti con le settimane di privazione dell’incontro in presenza, il cerchio si è un po’ dilatato e un po’ sfaldato. Come se ci fosse ma fosse un po’ fluttuante. Il messaggio scritto si presta ad essere interpretato in modo diverso e abbiamo verificato che può essere erroneamente interpretato, suscitando difese e anche contrapposizioni. Non è esaustivo perché la parole scritta, contenuta in messaggio breve e contratto, perde le modulazioni, le tonalità, il volume, il ritmo che la riempiono di significati aggiuntivi e fondamentali. E poi niente può sostituire il volto, gli occhi, la postura, l’umorismo intimo e confidenziale, il rituale comunicativo che si crea in un gruppo di persone che imparano a conoscersi e ad accettarsi reciprocamente.

Siamo un piccolo gruppo in cui però si è sviluppato un vissuto di appartenenza e, nonostante il distanziamento e i mezzi di comunicazione carenti che abbiamo tenuto in piedi, ci siamo sentiti uniti e speranzosi di poter ripristinare quel cerchio reale che ci racchiude in un riconoscerci persone e famiglie in cammino verso obiettivi condivisi.

In cosa consiste questo senso di appartenenza? Lo possiamo capire pensando alla nostra famiglia, se una famiglia abbiamo avuto la fortuna di averla. Significa non essere e non sentirsi soli, avere qualcuno con cui condividere esperienze, emozioni, pensieri, obiettivi, domande, tempo, sogni, giochi, creatività. Ma non solo. Il senso di appartenenza implica sentirsi accettati, inclusi, in una relazione reciproca e valorizzante, anche se non lineare e non necessariamente armonica. Appartenere richiede anche una partecipazione attiva, avere una parte “mia” fondamentale  all’interno di una parte “nostra”.

Nei mesi di isolamento ho scritto alle famiglie del club che le pensavo, sentivo vibrare i loro problemi, le loro fatiche, ma soprattutto lo slancio vitale, che le ha portate al coraggio di riconoscere che l’alcol o la droga o il gioco o il farmaco, l’attaccamento ad alcuni comportamenti o stili di relazione non favoriscono la felicità, l’armonia. Sono mera illusione di poter dominare e controllare meglio la realtà o noi stessi, ma come tutte le illusioni sono un trucco che vincola e, se si persiste, dal famoso cappello non esce un bel coniglietto, ma solo un senso di vuoto e fallimento. Come ritrovare lo slancio che ci fa cambiare? Non con l’imposizione o il frenare se stessi, non con il dominarsi attraverso la terapia o la pillola miracolosa, ma ridestando il coraggio e la fiducia che abbiamo dentro, forse un po’ sepolti. Con l’incoraggiamento e l’esperienza degli altri è possibile ritrovare quello slancio che fa virare verso nuove scelte, altri comportamenti, alla ricerca di relazioni soddisfacenti, di mete a cui aspiriamo.

Lo spirito di appartenenza si fortifica se si hanno obiettivi condivisi. Nel club le famiglie hanno l’obiettivo di attuare cambiamenti per raggiungere un maggior benessere personale, famigliare e  sociale. Ognuno si pone i suoi obiettivi ma si condivide il viaggio. Il viaggio avviene nella vita, non all’interno del club. Il momento di incontro è una piccola tappa, in cui ci si ferma assieme a pensare al viaggio, un prezioso scambio di esperienze, per poi continuare il viaggio rinvigoriti, meglio “attrezzati”. La mia energia positiva diviene la tua e viceversa. Impariamo a non soffermarci sul mio e sul tuo e questo ci aiuta a liberarci dagli attaccamenti.

L’appartenenza ad un approccio, ad una storia, ad una memoria

Il club non è un’isola, una piccola comunità di persone che si autogestisce con autoreferenzialità.  Appartiene ad un approccio consolidato, l’approccio ecologico sociale, che si è evoluto in tanti anni, facendo tesoro delle esperienze e dei cambiamenti delle famiglie. Ha sviluppato una rete di programmi territoriali capillari e che hanno messo radici nelle comunità e nei territori, rispondendo ai nuovi bisogni che emergono. Corsi di sensibilizzazione al benessere, scuole di ecologia famigliare, scuole di aggiornamento e incontri aperti alla comunità intera o a gruppi specifici sono diventati un patrimonio collettivo delle nostre comunità, beni comuni che appartengono a tutti.

Tale approccio ha una storia di cui sono parte attiva e promotrice i Servizi di alcologia, nati con i club alcologici  e cresciuti con loro. I “Club alcologici territoriali” (CAT), attenti alle istanze del territorio, hanno promosso i “Club di ecologia famigliare” (CEF), che accolgono fragilità e sofferenze diverse; al contempo anche i Servizi di alcologia si sono evoluti in “Centri Alcologia, antifumo e altre fragilità”, divenendo servizio di prossimità per le molteplici forme in cui il disagio si manifesta.

Una storia che si intreccia e che si è snodata in Trentino in quasi quaranta anni di fatiche, di plausi, di evoluzioni, di sfide, di passione da parte delle famiglie della comunità e degli operatori dei servizi, anche essi in cambiamento con le famiglie e con i bisogni provenienti dal territorio. Quindi i club appartengono a questa storia, a questo percorso, a una traccia solcata da tante sofferenze. I club hanno una memoria collettiva densa di sole e nubi, di primavere e inverni, stagioni intense e vissute che non possono essere cancellate, che spronano a perseguire nuovi obiettivi e a infondere coraggio e fiducia alle famiglie sprofondate nella rassegnazione. Nei club alcuni componenti conservano questa memoria e la tramandano ai nuovi arrivati.

L’appartenenza alla comunità

I club fanno parte della comunità locale. Sperimentare l’appartenenza è una esperienza che dà un senso alla nostra vita e ci stimola ad aprirci ad altre appartenenze, a nuove relazioni. Le famiglie del club sentono e vivono l’appartenenza alla comunità e le ricerche qualitative e quantitative hanno dimostrato che in buona percentuale si attivano in volontariato organizzato o spontaneo. Forse a volte la comunità preferisce non vederle, eppure loro non si nascondono, lavorano per avere una parte attiva nella comunità e portare il loro messaggio e il loro contributo; non tanto con le parole ma soprattutto con la testimonianza della loro vita ci dicono una cosa importante: il cambiamento è possibile!

Il senso di appartenenza si fortifica di fronte ad una insidia comune. Lo abbiamo sperimentato in questi mesi di pandemia. Il popolo italiano si è sentito appartenente ad una nazione in crisi, in difficoltà, fragile che doveva fronteggiare un momento difficilissimo. Ma anche ad una nazione che ha le sue risorse, le sue potenzialità, la sua creatività, uno spirito di solidarietà che sa rinascere. Una nazione che ha la sua bellezza, la sua storia, la sua arte di cui andare fieri.

I club conoscono lo sconforto della delusione per l’abbandono di una famiglia, hanno conosciuto periodi di stasi e di non riconoscimento da parte del mondo esterno, di crisi interna al sistema, e questi periodi difficili hanno consolidato il senso di appartenenza ad un progetto in evoluzione e aperto alla supervisione e all’aggiornamento.

Ringraziamenti

Il club Edelweiss di Pinzolo dal 13 luglio 2020 ha ricominciato le riunioni in presenza e il 23  luglio è ripartito anche il Club La Trisa di Pinzolo; si ritrovano in una sede nuova “La Casa della Cultura”. Quasi tutti  i club della Comunità delle Giudicarie (14 club alcologici territoriali e i 2 Club di ecologia famigliare) sono ripartiti e stanno ripartendo, alcuni nelle sedi precedenti, altri in nuove sedi più ampie e idonee.

L’associazione provinciale dei club, l’APCAT, ha ottenuto dal Commissariato al Governo il benestare per ricominciare l’attività dei club e ha predisposto un dettagliato protocollo unico di osservanza delle norme di igiene, distanziamento e sicurezza per i partecipanti ai gruppi e di igiene dei  locali che verranno occupati. L’associazione si è preoccupata di trovare il giusto equilibrio tra la protezione dei partecipanti, l’osservanza scrupolosa delle indicazioni sanitarie e la richiesta delle famiglie di ricominciare a ritrovarsi perché hanno bisogno del sostegno reciproco, tanto più in questo periodo critico, che rende tutti ancora più fragili e insicuri.

Mentre nelle città Trentine alcuni club sono in difficoltà a ripartire per mancanza di una sede adeguata, nella Comunità delle Giudicarie i club hanno trovato in generale molta disponibilità e sensibilità da parte degli amministratori dei Comuni che hanno messo in breve tempo a disposizione le sedi, rassicurati anche dalla serietà nell’osservare le norme di sicurezza con cui ci si accingeva a riprendere le riunioni in presenza.

In particolare per i club di Pinzolo sono a ringraziare il sindaco, Ing. Cereghini Michele, ma ringraziando lui, a nome di tutti i club della Comnunità delle Giudicarie, ringrazio anche tutti i sindaci e loro collaboratori che hanno aperto le porte, testimoniando che i club sono un bene comune.

Ci auguriamo che nuove famiglie trovino accoglienza e sostegno all’interno dei nostri gruppi, portando a loro volta la loro storia e le loro risorse.

Per contatti rivolgersi a Renato, Presidente ACAT Valli Giudicarie – tel. 335.7883685, oppure a Fortunato, Presidente ACAT Tre Pievi – tel. 340.7020597, oppure al Centro Alcologia, Antifumo e altre Fragilità dell’APSS – tel. 0465.331521.

 

Cristina Dal Lago

Club Edelweiss Pinzolo

Pinzolo, 24 luglio 2020