Da una Cassa Rurale per le famiglie, siamo passati ad una banca d’affari

di Alessandro Giacomini

Da una Cassa Rurale per le famiglie, siamo passati ad una banca d’affari

Tutto ha inizio nel 2017, quando la Cassa Rurale acquista Casa Cacam, situata in una posizione strategica tra la chiesa e il Paladolomiti.

Dopo le fusioni bancarie, l’immobile passa alla Cassa Rurale Adamello Giudicarie – Valsabbia Paganella, ma l’obiettivo iniziale di trasferirvi la sede della banca, misteriosamente cambia obiettivo, il nuovo cda presieduto da Monia Bonenti, decide di demolire l’edificio per far posto a sette appartamenti di lusso, tutti destinati al mercato libero e turistico, senza vincoli per i residenti, in barba ai bisogni delle giovani coppie che non trovano più alloggi a prezzi accessibili.

Un atto di pura speculazione immobiliare, un tradimento di quei valori di solidarietà e supporto che hanno fondato il movimento delle Casse Rurali.

​Questa decisione scatenò subito una forte reazione nella comunità, oltre 200 firme vennero raccolte e le proteste arrivarono fino all’assemblea dei soci della banca.

La gente parlava apertamente di “speculazione edilizia” e chiedeva che venissero realizzati anche spazi per la comunità, quello che è sempre stata la cassa rurale:

al servizio dei soci e del territorio, ma che al contrario, si è trasformata in una banca d’affari spregiudicata, disposta a tutto pur di massimizzare i propri profitti e remunerare lautamente la presidenza.

A fronte del rifiuto della banca di accettare una permuta con un’altra proprietà comunale, il Comune di Pinzolo agì con fermezza, rettitudine e caparbietà, vincolando tre dei sette appartamenti a residenza ordinaria, in base a una legge provinciale (la n. 1/2008) che riprende i principi della legge Gilmozzi, pensata proprio per limitare la costruzione di seconde case e difendere l’equilibrio tra turismo e vita locale.

Ma con stupore di tutta la cittadinanza, la Cassa Rurale, priva di ogni scrupolo morale, impugnò la lodevole decisione del Comune.

​La sentenza finale è stata un trionfo per la comunità di Pinzolo, confermando che la variante al progetto iniziale era “sostanziale” e che il vincolo imposto dal Comune era pienamente legittimo, i giudici hanno sottolineato l’importanza di difendere la vivibilità delle aree turistiche.

​Oltre alla vittoria sul merito, la Cassa Rurale è stata anche condannata a pagare 8.000 euro di spese legali al Comune.

Una cifra che, seppur modesta, simboleggia la sconfitta di una strategia che privilegiava il profitto a breve termine, piuttosto che il bene della comunità che dovrebbe servire.

Questo caso solleva una domanda cruciale, una Cassa Rurale, nata per essere un punto di riferimento per i suoi soci e per il territorio, può comportarsi come una “banca d’affari” qualunque, ignorando i bisogni dei residenti?

La vicenda di Casa Cacam a Pinzolo suggerisce che l’approccio orientato alla sola massimizzazione dei profitti non solo è eticamente scorretto, ma può anche fallire quando si scontra con una comunità e i loro amministratori decisi a difendere la propria identità e il proprio futuro.

La sconfitta al Consiglio di Stato non è solo una battuta d’arresto per la Cassa Rurale Adamello Giudicarie – Valsabbia Paganella, è una figuraccia epocale. Quella che una volta era l’istituzione finanziaria del territorio, un punto di riferimento per le famiglie e per lo sviluppo locale, si è trasformata in una banca d’affari, avida e cieca di fronte alle necessità della comunità.

​La vicenda di Casa Cacam ha svelato la vera natura di questa metamorfosi, l’idea di erigere un palazzo di appartamenti di lusso, tutti destinati al mercato turistico, non è solo un atto di speculazione immobiliare, ma un tradimento dei valori fondanti del cooperativismo.

Non ci sono più contadini da aiutare, né artigiani da sostenere, ancora meno aiuti per le giovani coppie, c’è solo l’ossessione per il profitto a ogni costo.

​In conclusione, chissà cosa avrebbe pensato di questo squallido epilogo Don Guetti, il pioniere delle Casse Rurali, che le concepiva come un’arma per liberare le persone dalla miseria.

Egli diceva che il denaro era uno strumento per migliorare la vita dei cittadini, non per costruire palazzi di lusso in barba ai residenti.

Oggi, la sua eredità è non solo calpestata, ma profanata:

La cassa rurale che porta avanti il suo nome ha trasformato il Suo sogno in un incubo per la comunità, con questa operazione ha dimostrato di aver voltato le spalle alle persone che avrebbe dovuto proteggere.

 

Giacomini Alessandro ex socio della cassa rurale, quella vera.