Copyright Divino Il Natale e il plagio della tradizione

di Giacomini Alessandro - LaicaMente

Copyright Divino Il Natale e il plagio della tradizione

Copyright Divino

 Il Natale e il plagio della tradizione

L’operazione copia – incolla della Chiesa Cattolica

La prossima volta che ti ritroverai ad appendere le “palle di Natale” ricordati che il 25 dicembre non si celebra l’evento più unico della storia, ma l’operazione di “assimilazione” meglio riuscita di tutti i tempi.

La vera storia del Natale ha poco a che fare con i Re Magi e i cori angelici e molto di più con l’umile, ma ineludibile, meccanica celeste.

​L’usanza di festeggiare il 25 dicembre è un’eredità diretta delle celebrazioni pagane che, dalla notte dei tempi, onoravano l’evento più glamour del calendario, il solstizio d’inverno.

Il successivo e sfacciato “annacquamento religioso” non ha alcun diritto di disturbare questa importantissima festa laica, scientifica e astronomica, il cosiddetto Dies Natalis Solis Invicti o, meglio, la rinascita del Sole Invitto.​

Se vogliamo essere onesti fino in fondo con la storia, facciamo un po’ di chiarezza su questa “acquisizione ostile” alla tradizione.

È affascinante osservare come oggi il termine “tradizione” venga sventolato come un vessillo sacro ogni volta che si tenta di giustificare l’imposizione di simboli religiosi nello spazio pubblico.

Ci dicono che il suono delle campane che invade il silenzio, le croci piantate sulle vette delle montagne, i crocifissi appesi nelle aule scolastiche o le benedizioni impartite d’ufficio siano “la nostra tradizione”.

Ma se il valore di un’usanza si misura sulla sua antichità e sulla sua radice storica, allora i cattolici dovrebbero essere i primi a fare un passo indietro per coerenza.

​Se davvero la tradizione è un valore assoluto e intoccabile, allora dovremmo onorare la “vera” tradizione del 25 dicembre:

quella laica, astronomica e solare del Dies Natalis Solis Invicti.

Invece di difendere un’acquisizione forzata avvenuta secoli dopo, dovremmo restituire la festa al suo legittimo proprietario: il Sole, che da millenni, ben prima di qualsiasi dogma, torna a splendere proprio quando il buio sembrava aver vinto.

Difendere la “tradizione” citando solo l’ultimo capitolo di un libro rubato non è cultura, è solo un esercizio di amnesia selettiva.

Il Natale andrebbe celebrato in un luogo degno della sua vera origine, una cattedrale della scienza, magari in un osservatorio astronomico, decorando e abbellendo un gigantesco cannocchiale con festoni cosmici, o incidendo una celebre formula matematica sull’albero.

Solo la scienza, dopotutto, può vantare il diritto di festeggiare con precisione millimetrica questo evento.

​La ricorrenza fondamentale è il 21 dicembre, il giorno più breve, è il momento in cui la luce, dopo aver toccato il fondo, dice: “Basta, adesso ricomincio io”.

È la rivincita della luce sulle tenebre, un dramma cosmico che si ripete ogni anno senza bisogno di nessun miracolo.

​Il Cristianesimo, ma soprattutto la chiesa cattolica, non potendo certo inventare la ruota o il Sole, ha semplicemente atteso che i suoi fedeli pagani celebrassero la loro festa più sentita e ha detto: “Perfetto, da oggi si festeggia il nostro.”

​L’operazione di copy-paste ha una data e un responsabile ben chiari, l’Imperatore Aureliano, che nel 274 d.C. istituisce a Roma il culto statale del Sol Invictus (Sole Invitto), fissando la festività del Dies Natalis Solis Invicti al 25 dicembre.

​Questo non è un mito: è Storia.

​La Chiesa, vedendo che il popolo romano era troppo impegnato a fare festa in quel giorno, ha deciso che era più semplice sovrapporre l’evento, piuttosto che combatterlo.

Intorno al 336 d.C., la festa della natività di Cristo viene fissata al 25 dicembre, non certo un caso, non un errore, ma una strategia di marketing religioso: hanno sostituito il dio del cielo con un neonato, rubando di fatto il tutto al “dio della scienza” e ai riti pagani preesistenti.

​Come disse in modo più diplomatico la Nuova Enciclopedia Cattolica: «Alla nascita di Cristo fu assegnata la data del solstizio invernale perché in quel giorno, in cui il sole inizia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra celebravano il dies natalis Solis Invicti».

Insomma, ce lo hanno detto loro dove si faceva festa.

Ma c’è pure una classifica dei più famosi e imbarazzanti casi del risuscitato o, meglio, la Hall of Fame del Risorto.

Perché ​la vera essenza del Natale, quella della nascita e resurrezione, era già stata messa in scena decine di volte prima dell’avvento cristiano.

Il Cristianesimo ha attinto a piene mani dal catalogo Mediterraneo dei misteri per costruire la sua narrazione, ecco alcune testimonianze.

​Mithras:

Il dio indo-iranico, popolarissimo tra i soldati?

Nato, guarda caso, in una grotta sotto gli occhi di pastori che lo adorarono. Si vede che le grotte erano il trend topic per le nascite importanti.

​Dionisio, dicasi pure Bacco:

Il “dio che si fa uomo”, che muore e risorge dopo giorni e che richiede un battesimo per l’ammissione al culto.

Di certo similitudini imbarazzanti con il “mito cristiano” note già 13 secoli prima.

​Osiride:

Il dio egizio che muore e risorge per la gioia della sua consorte Iside, padre di Horus.

Il tema della trinità e della resurrezione?

Un best-seller egizio già rodato.

​Attis:

Nato da una vergine, morto per sacrificio e risorto il 25 marzo, data incredibilmente vicina alla Pasqua. Coincidenze?

Ne dubitiamo fortemente.

​Il meccanismo è chiaro e semplicissimo, prendi i dettagli che il popolo ama, grotta, pastori, morte e rinascita e dai loro una nuova etichetta, in questi tempi si direbbe: ” new brand “.

Mithras, nato in grotta, Dionisio, che muore e risorge dopo giorni, Osiride, best-seller della resurrezione, Attis, nato da una vergine e risorto vicino a Pasqua, il Cristianesimo, in pratica, non ha inventato nulla, ha solo preso il meglio dei trailer pagani preesistenti e li ha montati in un reel di successo.

Infine, dedichiamo un piccolo omaggio all’albero di Natale, l’abete non è un simbolo cattolico, ma una semplice ed efficace rappresentazione della vita vegetale contro la morte invernale.

​L’abete, “pianta sempreverde,” simboleggiava per Celti e popolazioni nordiche la resistenza contro l’inverno, era la vita che si ostinava a non morire, da celebrare al solstizio.

​La Chiesa cattolica inizialmente vietò di abbellire gli abeti, poi, vedendo che la gente continuava imperterrita a portarsi in casa rami e tronchi, ha applicato il suo classico opportunismo, «Se non puoi batterli, unisciti a loro… e poi di’ che l’abbiamo inventato noi».

​Quindi, ricapitoliamo, abbiamo la data rubata ai pagani adoratori del Sole, il mito del risorto copiato dal catalogo greco-egizio-iranico, e l’albero scippato ai Celti, se il Natale fosse un’azienda, a quest’ora sarebbe sommersa dalle denunce per violazione di copyright, plagi multipli e appropriazione culturale.

Ci ritroviamo quindi con una data rubata, un albero riciclato e, soprattutto, una “Hall of Fame del Risorto” che farebbe arrossire il reparto Legale del Vaticano.

Buona Rinascita del Sole Invitto a tutti e se proprio volete ringraziare qualcuno, mandate una email all’imperatore Aureliano.

 

Massimeno (TN) 13 dicembre 2025                        Giacomini Alessandro

 

Fonti:

  1. ttps://www.romanoimpero.com/2011/12/dies-natalis.html
  2. https://it.wikipedia.org/wiki/Sol_Invictus

L’imperatore Aureliano istituì a Roma nel 274 d.C. il Natalis Solis Invicti