Le questioni di ‘lana caprina’

di L. Binelli

Quando una disputa, più o meno accesa, è basata su aspetti che nulla hanno a che vedere con l’impostazione di fondo viene detta questione di “lana caprina”.
Le questioni di “lana caprina”, lasciano, cioè, il tempo che trovano e non hanno alcuna conseguenza pratica. Sono un gioco, un “esercizio”.
La sentenza del TAR in merito alla regolarità dell’appalto per gli impianti relativi al collegamento è una sentenza su un argomento di “lana caprina”.
Nulla cambierà, infatti, se l’appalto sarà assegnato ad una ditta o ad un‘altra: l’unica differenza sarà il logo sulle cabine o sui seggiolini degli impianti.

Di tipo ben diverso e molto più serio è invece la questione sollevata dalle associazioni ambientaliste.
Ed è questione del tutto diversa dalle questioni di “lana caprina” (come ingenuamente si vorrebbe far credere) perché riguarda la capacità e serietà imprenditoriale di un’intera vallata ed il futuro della stessa. Che non sono questioni di poco conto.

Secondo quanto prevedono le normative europee, cui l’Italia è obbligata ad adeguarsi, i progetti di mobilità alternativa (reale) possono essere finanziati dagli Enti Pubblici in maniera massiccia (fino al 75% dell’investimento può essere coperto da contributi).
Gli impianti sciistici, invece, sempre secondo le normative europee, cui l’Italia è obbligata ad adeguarsi, non possono essere finanziati con soldi pubblici (cioè di tutti) oltre la misura del 15%.
E’ evidente allora che stabilire se un intervento è inquadrabile o meno come soluzione di “mobilità alternativa” è questione che vale (nel caso dello sciagurato collegamento Pinzolo-Campiglio) alcune decine di milioni di Euro.
Se, infatti, quello sciagurato collegamento non potesse essere riconosciuto come soluzione di “mobilità alternativa”, i finanziamenti da parte degli Enti Pubblici per la sua realizzazione si ridurrebbero drasticamente.
Se pero’ questo dovesse succedere, una classe imprenditoriale saggia e lungimirante che ritiene questo sciagurato intervento fondamentale per la nostra economia, non dovrebbe scoraggiarsi: lo considererebbe un investimento da sostenere comunque e metterebbe mano al portafoglio!
Questo è infatti cio’ che dovrebbe fare un imprenditore: investire capitali in un’impresa che pensa possa produrre un ritorno vantaggioso che gli consentirà di recuperare l’investimento iniziale e di ottenere un giusto profitto.
Ora, se il ricorso degli ambientalisti venisse accolto e di conseguenza le contribuzioni pubbliche venissero tagliate, nulla impedirebbe al progetto di essere realizzato comunque. Nulla se non la questione finanziaria.  
Ma ci sono, a Pinzolo e dintorni, degli imprenditori disposti a sotituire il capitale pubblico con capitali privati?
Personalmente ne dubito, comunque non si puo’ mai dire.

Quindi il tentativo delle associazioni ambientaliste (che comunque negli ultimi cinquanta anni hanno sostenuto con decenni di anticipo posizioni inizialmente considerate “stravaganti” e poi rivelatesi azzeccatissime) non è quello di “disperatamente bloccare il collegamento” ma quello di inquadrarlo per cio’ che è:
se sia un progetto riguardante il benessere collettivo o se sia un progetto che riguarda società impiantistiche, imprenditoria locale.
La questione, dunque, è di lana pregiata. Altro che caprina!

Il fatto invece che non si sia creata una reale opposizione in valle a questo progetto è, questa si, questione di “lana caprina”:
se infatti la valle fosse chiamata a finanziarlo con sottoscrizione di capitali privati, l’opposizione a questo progetto emergerebbe in tutta la sua evidenza.

E’ pero’ inevitabile che fino a quando ci saranno i presupposti per un finanziamento pubblico di questo sciagurato progetto, la maggior parte della gente è, più o meno consapevolmente, indotta a pensare:
se la Provincia è disposta a sputtanare milioni di Euro per finanziare questa vergognosa realizzazione, figurati se non sarà disponibile a sputtanarne qualche decina di migliaia (di Euro) per finanziare le più stravaganti e fantasiose realizzazioni che ho in mente di fare io! Se invece mi oppongo a questa cosa, che di per se considero assurda, come potrò poi sperare di accedere a qualsiasi forma di agevolazione? Dunque lo facciano pure se ci tengono tanto!
Questa è l’unica forma di consenso di cui gode questo sciagurato progetto.
Alla faccia delle generazioni future (ma non troppo) che malediranno chi ne ha consentito la realizzazione.

Lucio Binelli

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Caro Lucio,
la “lana caprina” era riferita alla questione se possa essere considerato o meno trasporto pubblico (vedere cabinovia Ponte di Legno-Tonale), non ovviamente le conseguenze!
Alcune osservazioni. In tutta la regione Trentino-Alto Adige sono forse 4 le società di impianti che producono utili, le altre sopravvivono a stento solo con l’intervento di comuni, ecc. E’ chiaro a tutti che senza le contribuzioni pubbliche nessun privato realizzerebbe l’impianto Puza dai Fo’-Patascoss. Devi anche dire che il progetto è stato drasticamente contenuto (riguardo soprattutto alle piste) per un ricorso in sede europea delle associazioni ambientaliste. Se invece vuoi dire che in Trentino non si vedono imprenditori che rischiano in proprio ma solo con denaro pubblico, mi trovi perfettamente daccordo. Tanto se poi le cose vanno male arriva il Principe-Vescovo di Trento (vedi la vicenda SCANDALOSA delle Funivie Folgarida-Marilleva).
Ti ricordo che, almeno in passato, c’era gente in valle disposta a rischiare: Gianfranco Bonapace riuscì a raccogliere tra gli operatori della zona, a fine anni ’80, ben sei miliardi di lire per il collegamento !!!

Marco Salvaterra