Non sono una lavoratrice indispensabile. Non sono un’infermiera, non guido un’ambulanza…

di Silvia Festini Capello

Non sono una lavoratrice indispensabile. Non sono un’infermiera, non guido un’ambulanza…

Non sono una lavoratrice indispensabile. Non sono un’infermiera, non guido un’ambulanza, non produco generi alimentari e nemmeno li vendo. Non pulisco le strade, non raccolgo rifiuti, non so condurre un camion né un trattore. Oggi però vorrei poter fare uno di questi mestieri.

Per riavere una dignità che ho perso per strada, forse molto tempo prima che arrivasse il virus. Eppure, per tanti anni, sono stata utile. Forse non necessaria, ma utile sì.

Per anni ho accolto persone che arrivavano da ogni parte del mondo, sempre con un sorriso. Ho provveduto a loro, al loro benessere, ai loro bisogni. Ho accompagnato decine di sposi al loro sì contribuendo a rendere indimenticabile il loro giorno più speciale. Sono corsa nel cuore della notte per qualche problema improvviso. A volte, ho tenuto loro compagnia e dato supporto per la notte intera al pronto soccorso, facendo da interprete con i medici. Ho raccontato storie, offerto brindisi, preparato itinerari, organizzato le loro giornate di vacanze. Ho reso i loro giorni in Italia un’esperienza da ricordare. Spesso non c’erano pranzi o cene da consumare seduti, ma solo un boccone da strappare di corsa tra un’incombenza e l’altra. Ci sono state notti in cui non sono passata dal letto. Non c’erano feste, sabati, domeniche, Pasque, 25 Aprile, Natali e Capodanni. Non c’erano orari, e non ne volevo. Non c’erano straordinari pagati, perché lo straordinario era l’ordinario. Io c’ero, quando tutti erano in vacanza, io ero lì. Rinunciando tante, troppe volte alla mia vita sociale, personale, ma sempre con passione. Ho combattuto tante volte con proprietari non sensibili per assicurare il meglio ai miei ospiti. Ho sbagliato, ho ricominciato, con piu’ forza di prima. Quasi 25 anni di questo mestiere.

Ma adesso, mi chiedo. Qual’era il mio posto, qual’è oggi, in questo brillante mondo produttivo che si chiama Turismo. Sembra che portiamo il 15% del PIL di questo malandato paese. Nel Trentino, regione dove sono tornata a vivere da tre anni, regione che vive in gran parte di questa risorsa, cosa si sta facendo per i lavoratori del turismo? In due mesi di assenza forzata dal lavoro, ho ricevuto 80,00 euro di contributo per spesa alimentare e 157,00 euro di sussidio di disoccupazione. Mi dispiace, lungi da me evocare una guerra tra poveri, ma noi lavoratori del turismo siamo meno tutelati dell’ultimo degli ultimi operai alla pressa, Nel turismo i sindacati non entrano, -stanno semplicemente a guardare. Signor Fugatti, Signor Failoni, la salvaguardia delle professionalità e dei posti di lavoro nel turismo trentino deve essere una priorità. Prima gli italiani? Prima i trentini? Diteci cosa intendete fare di noi. Il turismo è un’industria basata principalmente sulle persone. Bene, queste persone aspettano risposte. Rapide, ed efficaci. Scusate lo sfogo, Namasté.