Lettera con risposta al direttore di una rivista cattolica

di G. Ciaghi

[strong]E’ la lettera di un lettore al Direttore (Giancarlo Manieri) di una rivista cattolica. Riflette pensieri che ho sentito spesso anche qui da noi e che sembrano incontrare parecchio consenso in talune cerchie. Così, in prossimità del Natale, ho pensato di riportarla su Campane di Pinzolo, fra le mie news, per offrire a chi ci legge lo spunto ad una riflessione. Ovviamente con la risposta del direttore. Che mi ha colpito molto.[/strong][/A_CAPO]

Scrive T.V.:
”Egregio direttore, sostenitore dei poveri, degli immigrati, degli sfaccendati, dei (sic) stranieri (…..) io sono inc….! Perché il mondo ce l’ha con noi “benestanti”? Stare bene è un diritto nostro, di noi che ci siamo fatti un mazzo così lavorando. Lo abbiamo conquistato a suon di sacrifici (…..) Noi ci diamo da fare dalla mattina alla sera, facciamo come la formica, non come la cicala! E’ per questo che l’inverno abbiamo qualche scorta in cantina (…). Allora basta a parlare sempre dei poveri. Chi si dà da fare campa, chi non lo fa crepa, e quelli (i pover) non rompano più tanto!
Risponde Giancarlo Manieri:
“ Caro T., il “mazzo”, come dice lei, se lo fanno tutti, ricchi e poveri, felici e infelici, bianchi e neri, perfino buoni e delinquenti. E’ una condizione di vita, se così posso dire. Se poi qualcuno scappa dalla sua terra natale, lo fa, immagino, perché il “mazzo” da sopportare è diventato insopportabile, allora si preferisce affrontare l’ignoto pur di allontanarsi da quella condizione. Dunque il suo “non rompano” è uguale a “stiano a casa loro”, il che equivale più o meno a una condanna a morte. Non dimentichi che è già un sacrificio “essere poveri”. Il vero povero non si dà da fare dalla mattina alla sera, come fa lei e tanti altri come lei, ma è obbligato a farlo dalla mattina alla mattina dopo: almeno otto ore in più di qualsiasi onesto lavoratore, perché la “malattia” della povertà non concede riposo e tanto meno ferie. Non credo che un povero si possa definire cicala. Infatti ha poco da cantare e , se lo fa, canta di disperazione o….”canta che ti passa!” Solo che la fame ha un gran difetto: non passa cantando! E un povero non ha cantina (del resto non avrebbe scorte da stiparvi), e non ha nemmeno un conto in banca. Se sono vere le statistiche ONU (né ho motivi per dubitarne), è da rabbrividire. Scrive padre Alex Zanotelli che se a questo mondo gli oltre sei miliardi di esseri umani vivessero come vivono le nazioni opulente, cioè noi (l’11% del mondo consuma l’88% delle risorse del pianeta) avremmo bisogno di altri quattro pianeti come risorse e di altri quattro ancora come discariche ove buttare i rifiuti. Le piace la prospettiva?”[/A_CAPO]