29 GIUGNO DIECI ANNI DALLA DIPARTITA DI MARGHERITA HACK

di Giacomini Alessandro Fiduciario testamentale di Margherita Hack

29 GIUGNO DIECI ANNI DALLA DIPARTITA DI MARGHERITA HACK

Margherita Hack la sua lezione a dieci anni dalla morte

Sono passati già dieci anni dalla dipartita di Margherita Hack, si è congedata da noi il 29 giugno del 2013 e ancor più si sente la sua mancanza.

Ad ella è stato dedicato l’asteroide 8558, seppur non visibile ad occhio nudo è talmente tanta la sua assenza che scrutando il cielo c’è da augurarsi un atterraggio sulla terra dello stesso.

Perché mai come oggi abbiamo un estremo bisogno di Margherita Hack.

Conservo ancora la sua carta d’identità che mi aveva lasciato, a breve avrebbe dovuto tornare in Trentino per l’inaugurazione del noto museo della scienza il MUSE, di cui ne sarebbe diventata la Presidente onoraria, era una sorpresa che le avrebbe fatto un immenso piacere, purtroppo 28 giorni prima del grande evento è mancata.

Proprio della morte un giorno le chiesi, ora che sei entrata da tempo nei tempi supplementari della tua vita, ne hai timore.

Mi rispose con un ampio sorriso:  “assolutamente no, la penso come gli Epicurei, quando ci siamo noi, ella ( la morte ) non c’è, quando ella c’è, noi non ci siamo più, quindi perché preoccuparsi ”.

“ La vita è un breve intervallo tra un nulla ed un altro nulla e non si dovrebbe averne timore.

Dunque, se non ci preoccupiamo dell’eternità della nostra non esistenza prima della nascita, perché mai ci dovremmo preoccupare dell’eternità della nostra non esistenza dopo la morte? “

Ci eravamo conosciuti all’inizio del nuovo millennio e da allora abbiamo condiviso molte battaglie sui diritti civili.

Il nostro rapporto si è trasformato da una comunione di idee e obiettivi a un’amicizia che inizialmente ti prende la mano per poi arrivare fino al cuore, di quelle che arricchiscono la propria vita, per sempre.

Due immagini mi sono ben presenti anche ora: i suoi occhi azzurri, guarda a caso color del cielo, intensi e profondi come la nebulosa di Orione e il suo sorriso, indimenticabile.

Lei non era pedante o troppo erudita, come mi accadeva di sentire quando ascoltavo i discorsi di certi accademici. Margherita era una persona semplice.

Questo lo si percepiva quando parlava, ma pure quando ti guardava negli occhi e ti sorrideva con lo sguardo.

Una donna semplice, mai su un palcoscenico in dovere di dare spettacolo, una persona che avresti potuto tranquillamente incontrare al supermercato.

Mi ero chiesto: ma come è possibile che un’astrofisica così importante sia contemporaneamente così chiara nell’esprimere il suo pensiero e i concetti scientifici? Raccontava con estrema spontaneità anche gli argomenti più difficili o ‘scomodi’ che riguardavano la scienza, i diritti civili, la religione, mi aveva attratto la sua autenticità.

Era una persona famosa ma umile, e mi aveva conquistato la totale rinuncia all’estetica, al trucco, agli abiti firmati o alla moda. Eppure, era una scienziata di fama mondiale.

Tra le altre sue doti c’era quello di essere una donna libera, se pure questo modo di essere ha un costo perché obbliga a prendere decisioni e iniziative che comportano rischi, soprattutto nelle battaglie per i diritti civili, dei quali è stata la paladina assoluta.

Margherita Hack non aveva “peli sulla lingua”, il linguaggio e i concetti che esprimeva erano diretti.

Ribadiva spesso come fin da quando era bambina si instillava l’idea che le femmine non fossero adatte alla ricerca scientifica, anche se la storia della scienza mostrava come le donne avessero contribuito in maniera significativa alla stessa. Erano state dottoresse, fisiche, matematiche, biologhe. La storia è sempre stata ricca di studiose che hanno fatto della scienza la loro ragione di vita, spesso incontrando difficoltà e pregiudizi da parte di una società che non riconosceva loro il giusto valore e l’enorme contributo che avevano dato.

La Hack ha combattuto incessantemente per l’emancipazione femminile e anche l’aspetto fisico non le interessava.

Pensava che “l’estetica” fosse un condizionamento sociale e non un tratto naturale. Ricordava momenti di un passato non troppo lontano dove alle donne non era consentito votare (solo nel dopoguerra è stato possibile).

Inoltre, le battaglie sul divorzio e sull’aborto l’avevano resa sensibile alla questione femminile.

Ricordo quando “Marga”, sempre sorridendo, mi disse:

«Se ai maschi spetta un premio di settantadue vergini, cosa spetta alle donne?».

Allora non seppi rispondere, ma oggi, a distanza di anni, conosco la risposta.

Margherita Hack si riferiva al premio dopo la morte e nel Corano è descritto un paradiso sensuale dove gli uomini credenti sono ricompensati avendo come spose ben settantadue vergini. Le donne, invece, avranno come marito un solo uomo, e saranno soddisfatte con lui.

È una posizione alquanto maschilista, d’altronde la Bibbia e il Corano, sotto questo aspetto sono similari.

Uno degli argomenti che le stavano più a cuore era la figura delle donne nella scienza.

Nonostante siano stati fatti diversi passi avanti e il numero delle scienziate sia cresciuto in maniera esponenziale, rimane ancora molto da fare per raggiungere la parità di genere.

Per Margherita Hack tutto parte con l’educazione alla parità in casa. Non solo i bambini e le bambine devono essere educati senza stereotipi di genere, ma devono anche essere coinvolti in ugual misura nelle attività domestiche.

Il lavoro deve essere diviso equamente al 50% tra uomini e donne, in casa e fuori casa.

In effetti, i lavori di cura della casa, dei figli e in generale della famiglia pesano ancora sulle spalle delle donne, anche quando lavorano a tempo pieno.

A distanza di dieci anni dalla sua morte, i dati statistici sulle discriminazioni nei confronti delle donne rivela quanto fosse importante l’attivismo di Margherita Hack.

Ricordava con amarezza i premi Nobel negati: solo diciotto scienziate ricevettero il Nobel in materie scientifiche dal 1901 fino ad oggi rispetto a cinquecentocinquanta uomini.

Le statistiche esprimono chiaramente la condizione della donna nel mondo della scienza in Italia. Tra il 1995 e il 1998, le studentesse italiane hanno ottenuto il 52% delle lauree in discipline scientifiche, superando i ragazzi anche per la qualità, i punteggi erano migliori. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche sembrerebbe l’istituzione più accogliente: conta infatti il 61,8% di ricercatrici, ma rimangono al primo gradino: a dirigerne il lavoro e a deciderne le priorità ci sono duecentoventisei uomini e venti donne. Lo Stato italiano usa, evidentemente, due pesi e due misure!

A distanza di anni, si rintraccia in Margherita Hack il suo intenso concetto di libertà, la profonda tolleranza senza mai imporre la sua laicità, anche quando la stessa è stata oggetto di polemiche e censure.

Era una donna libera, indipendente, molto più avanti rispetto all’epoca in cui è vissuta.

Ha accelerato i tempi nelle battaglie civili per diritti LGBT, per il diritto allo studio delle donne e nel mondo del lavoro.

Quanto ai figli, non è affatto vero che lei e il marito non potevano averne, non ne volevano. Dichiarava: «Oggi c’è molta retorica attorno alla maternità. Io preferisco gli animali, in particolare i gatti». Margherita non si vergognò mai di non aver voluto figli. Il rifiuto alla maternità non fu solo per la sua professione di astrofisica che la occupava a tempo pieno, ma anche per una scelta personale. Spesso dichiarò e ribadì più volte di non volere figli con il consenso di Aldo. Ci fu un’occasione nella quale le chiesi qualche chiarimento. Era un pomeriggio tranquillo, seduti su comode poltroncine nel giardino, accanto ad Aldo, mi disse che entrambi non hanno mai avuto la vocazione di fare i genitori. Era sempre stata attratta molto più dagli animali che dai bambini. Una volta aggiunse che siamo in troppi in questo pianeta ed è egoistico avere figli. Sosteneva che le donne che scelgono di non essere madri non per questo si sentono meno realizzate. Non vivono la non maternità come un handicap sociale.

Ridendo concluse che «forse non abbiamo voluto figli perché siamo rimasti bambini noi!».

Tra i ricordi più vivi c’è la telefonata che mi fece qualche giorno prima di morire. Pur sofferente, avevamo scherzato come sempre. Margherita non si preoccupava della morte: «Non me ne preoccupo minimamente, io la penso come Epicuro. Della malattia sì, ho paura. Temo di soffrire, di non essere più autonoma, per questo sono favorevole all’eutanasia nel caso il dolore e la dipendenza dagli altri o dalle macchine fosse fuori misura. La vita e la morte appartengono all’uomo, non a Dio. Uno Stato laico e non teocratico deve riconoscere questo diritto».

Il suo testamento biologico è una prova delle scelte consapevoli che fece e che ancora oggi conservo con cura le sue disposizioni. Le conservo con amore.

La sua tomba si trova nel cimitero Sant’Anna di Trieste.

Spesso, scherzando, le dicevo che sulla sua tomba scriverò il suo epitaffio:

«Qui giace Margherita Hack… peccato!».

Lei rideva di gusto e mi rispondeva cosi:

«Il mio corpo tornerà a brillare chissà dove, proprio perché siamo fatti della stessa materia delle stelle e oltre la metà, proviene da quelle esterne alla nostra galassia».

Non riesco a pensare ad alcun bisogno, tranne all’asteroide 8558.

Giacomini Alessandro

Fiduciario testamentale di Margherita Hack

Link:

Wikipedia Margherita Hack riferimento n° 44 :

https://web.archive.org/web/20120508093547/https://www.campanedipinzolo.it/articolo.php?num=20110203111119

Video Margherita Hack testamento biologico:

https://www.youtube.com/watch?v=C0-d_Ly5ggc