A Bondo per ricordare i caduti di tutte le guerre

di Ufficio stampa PAT

La cerimonia si è aperta alle 14.30, con la sfilata per le vie del paese, poi la messa officiata da don Celestino e al termine i discorsi delle autorità, del capitano della Compagnia Rhendena, Silvano Capella, del comandante della Federazione degli Schützen del Trentino, Paolo Dalprà, e del sindaco Giuseppe Bonenti.

Infine, accompagnati dalla banda musicale “Böhmische Judicarien”, la benedizione e la deposizione di una corona davanti al monumentale cimitero austro-ungarico di Bondo, sulle note di “Ich hatte ein Kamerad”, e la salva eseguita dalla compagnia d’onore composta dalle compagnie Schützen di Roncone e di Rendena, mentre gli artiglieri di Piné e di Val di Ledro hanno fatto tuonare tre cannoni storici ad avancarica; in chiusura il ‘Landeshymne’.



Il monumentale cimitero di Bondo

Le autorità militari dell’imperiale regio esercito austro-ungarico avevano emanato, ancora prima dello scoppio della guerra, delle direttive precise che prevedevano di dare degna sepoltura ai caduti dei vari fronti. Anche nelle Giudicarie tali disposizioni furono seguite dal colonnello Theodor Spiegel, comandante della 50ª Mezza Brigata di stanza nelle Giudicarie e con sede a Bondo.

Il colonnello Spiegel scelse per progettare e realizzare un cimitero che accogliesse i caduti del settore padre Fabian Barcata. Originario di Valfloriana, nato il 29 marzo 1868, padre Fabian Barcata era stato richiamato sotto le armi come curato da campo, assegnato al settore delle Giudicarie. Uno dei primi problemi che si pose il religioso fu la localizzazione del cimitero. Fra Bondo e Breguzzo egli preferì il primo e scelse l’area del dosso di Pedevle, a nord-est del paese, fra i torrenti Arnò e Fiana, subito sulla destra dell’ex strada erariale, ora statale. Alla base di questo dosso esisteva una chiesetta dedicata a San Rocco, che fu demolita per fare posto alla maestosa gradinata di ingresso al cimitero.

Questo doveva comporsi di tre grandi blocchi: lo scalone d’accesso, il cimitero militare lungo tutta la cima del dosso e la cappella mortuaria, che sarebbe dovuta sorgere sul colmo del colle, ad est, al termine di tutti i lavori per non interferire con il baraccone e gli alloggiamenti del personale.

Il comando militare del fronte trentino concesse al curato da campo ampia scelta di personale e di attrezzature. Egli si circondò di una quarantina di collaboratori scelti fra soldati e la gente del luogo. Il cimitero venne costruito con massi di granito della val di Breguzzo e con blocchi di marmo bianco estratti a Trivena, trasportati con carri, autocarri e perfino, quelli più leggeri, con carrettini trainati da grossi cani. Questi blocchi venivano issati sul dosso attraverso un argano. Il frate volle anche rimboschire il colle per difenderlo dai rumori della vicina strada e creare un ambiente di raccoglimento; scelse per tale fine delle piante facenti parti della selva del luogo.

Nei primi anni del dopoguerra e durante il ventennio fascista il cimitero venne fatto oggetto di deturpazioni. Nel 1942 l’autorità tedesca nominò un custode di nazionalità ceca, sposatosi con una donna del luogo, Giovanni Klement, che dedicò al monumento tutta la sua vita: fu, infatti, premiato con due medaglie d’oro verso la fine degli anni ’60, una dal Comune di Bondo e un’altra dalla Repubblica d’Austria. Il cimitero venne quindi inserito negli accordi internazionali italo-austriaci relativi ai sepolcreti militari astro-ungarici della prima guerra mondiale,tra le opere da conservare in eterno.

L’ultimo intervento è stato l’inserimento del complesso cimiteriale nel Piano urbanistico provinciale della Provincia autonoma di Trento del 1987. Nel 1990 è stata fatta una sabbiatura quarzifera di tutte le parti in granito, oltre all’accurata pulitura delle statue e dei bassorilievi in marmo. Questo ultimo grosso intervento è stato supportato anche dalla Croce Nera austriaca, che ha sempre contribuito anche per i piccoli lavori di miglioria.

Le salme conservate nel cimitero sono circa 700; le salme italiane e i caduti di origine locale, furono portati rispettivamente all’Ossario di Castel Dante a Rovereto e nei cimiteri dei paesi della valle.