Circonvallazione intervento in consiglio di Massimo Caola
Dovevamo deliberare per la soluzione di riferimento   a tutti i costi. Ce lo aveva già detto Grisenti il 15 febbraio 2006 a Pinzolo,   ce lo ha ripetuto Dellai a Campiglio questa primavera, ce lo hanno ricordato i   tecnici della Pat caldeggiando ogni volta la soluzione lungo il Sarca e   sollevando ogni sorta di problematica per la galleria sotto il Doss del Sabion.   Peccato però che il gruppo di minoranza del comune di Pinzolo “rompesse troppo   le scatole”, peccato che nel frattempo avesse messo in evidenza e portato a   conoscenza della popolazione il pauroso impatto che tale soluzione avrebbe avuto   sul territorio. Persino i primi approcci dei tecnici provinciali con la   popolazione non hanno dato – per chi vede in Pineta la risoluzione del problema   – il riscontro sperato. Nessuno si era fatto inizialmente convincere dai   rendering appositamente predisposti dalla Provincia e dal filmato girato   dall’elicottero. Nemmeno i dirigenti provinciali hanno convinto, a volte dovendo   salvarsi in corner per rispondere alle obiezioni sollevate. 
  Eppure è   bastato far intervenire la consulenza del Politecnico di Milano, è bastato   ascoltare circa venti minuti di intervento di un noto imprenditore locale, è   bastato far credere che tutto si può realizzare senza che nulla si veda e in un   batter d’occhio, è bastato dire alla popolazione che la relazione del   Politecnico di Milano ci tutela al massimo, è bastato far passare per facilmente   realizzabile alcune cose che i dirigenti provinciali Martorano e De Col avevano   definito “di problematica realizzazione”. Ed eccoci allora qui ad esprimere un   voto ad una delibera che sceglie la “soluzione di riferimento” come soluzione   del problema del traffico a Pinzolo.
  Alcuni degli interventi nella   riunione del 09 marzo 2007 – in alcuni casi lunghi e sapientemente preparati –   erano mirati a far perdere credibilità a quanto fino ad allora il gruppo di   minoranza andava sostenendo, ovvero la fattibilità tecnica oltre che finanziaria   della soluzione in galleria. In questo modo si è convinto parte della   popolazione ad ammorbidire la propria posizione sulla possibilità di costruire   la circonvallazione in Pineta. 
  
  La prima bugia: l’obbligatorietà   della doppia canna.
   Mi riferisco alla questione “doppia canna”   e “singola canna” che – sebbene non dovrebbe essere competenza di un   amministratore entrarne nel merito – ciò diviene un obbligo quando questa scelta   diviene una delle principali cause di esclusione della soluzione dichiarata   dallo Studio di Via come la meno impattante sull’ambiente. 
  In un caso come   il nostro nessuna normativa prevede la realizzazione di due canne. A   testimonianza di ciò allego al verbale il testo della Direttiva Europea   2004/54/CE, nonché del relativo documento di recepimento in Italia, il D.Lgs. 5   ottobre 2006, il Decreto del Presidente della Provincia di Bolzano nr. 28 del 27   giugno 2006, la circolare 33/05 dell’ANAS, tutte normative concordi nel non prescrivere la doppia canna in un caso come quello della nostra   circonvallazione. Allego anche la delibera 2049 della Giunta   Provinciale di Trento con oggetto “Direttive in ordine ai requisiti minimi   di sicurezza per le gallerie relativamente ai lavori per la realizzazione del   collegamento stradale Trento-nord- Rocchetta: tratto Zambiana vecchia – svincolo   sulla S.S. 43 per Fai della Paganella” per mostrare come il contenuto di   questo documento è specifico per la galleria in questione, non ha valenza   generale e i motivi con cui si sceglie di realizzare la doppia canna – su   proposta della ditta “IMPRESA COSTRUZIONI GEOM. LEONE COLLINI S.P.A.”   aggiudicataria dell’appalto – non trovano rispondenza nel nostro   caso.
  Eppure l’Ing. Da Rios ha affermato – e ne sono testimoni un   centinaio di persone presenti – che la normativa europea sulla sicurezza in   galleria “obbliga” la realizzazione della doppia canna e che se un progettista   non la prevede e poi succede qualcosa quel progettista va in prigione”, un altro   ha aggiunto che “non realizzare la doppia canna sarebbe come voler mandare a   morire carbonizzate le persone in galleria”. Queste sono purtroppo alcune delle   frasi che hanno contribuito ad alimentare quel clima di terrorismo che aveva   trovato già la sua origine nelle affermazioni sul radon di cui si dirà nel   seguito e che hanno spinto la popolazione ad “ammorbidirsi” nei confronti della   soluzione in Pineta.
  A chi non ha dimestichezza con la normativa tecnica   e che difficilmente andrà a leggersi le normative che fanno da allegato al   presente documento, faccio un esempio concreto, anche per dare una risposta a   chi obietta che anche solo il buon senso fa pensare che una galleria così lunga   vada costruita solo a doppia canna. Vi porto a sostegno di ciò che dico un caso   pratico che potete verificare facilmente. Laives, vicino a Bolzano. Lo studio   EUT di Bressanone e lo studio ILF di Innsbruck hanno progettato a Laives (BZ)   una galleria lunga circa 3 km a canna singola. Si fa presente che lo studio ILF   di Innsbruck conta uno staff permanente di più di 900 dipendenti e effettua   consulenze nel campo dell’ingegneria stradale e nel “tunnelling” in tutto il   mondo, alcune sue progettazioni sono ad esempio Il “Base tunnel” del S. Gottardo   e il Niagara Tunnel in Canada, tra le consulenze anche una per la realizzazione   del Tunnel sotto la Manica. Insomma, di certo una società con una grossa   esperienza e competenza tecnica in materia, al pari e forse superiore di quella   dei tecnici a cui abbiamo fornito l’incarico di consulenza. Il progetto della   seconda delle due gallerie (la prima è stata progettata prima dell’entrata in   vigore della normativa europea e ora si sta studiando di adeguarla realizzando   delle uscite di sicurezza e non una seconda canna perché non obbligatoria),   steso dopo l’entrata in vigore della Normativa Europea, è stato redatto   tenendone conto. Il traffico giornaliero medio – ovvero quante macchine   attraversano in media al giorno la galleria – è stato stimato maggiore di 16.000   unità, il doppio di quello che si stima interesserebbe (nella più conservativa   delle ipotesi) la nostra galleria. 

Il traffico pesante – che introduce le maggiori   fonti di rischio – è pari a circa il 15% del totale, contro il nostro 5%.   Diciamo che la situazione di traffico che Laives si trova a fronteggiare   rappresenti sicuramente una situazione molto più critica della nostra. 
  È   interessante analizzare come in questo caso sia stato risolto il problema di   adeguamento del tunnel alla normativa. Non con la realizzazione di una doppia   canna, giudicata troppo onerosa, ma dotando la galleria di alcune vie di fuga,   né più né meno di quanto prevedeva lo studio dell’ATA Engineering del 2001 fatto   redarre dal Comune di Pinzolo e ignorato dalla Provincia nella progettazione   delle ipotesi da sottoporre al VIA. La soluzione dell’ATA prevedeva un cunicolo   laterale di emergenza continuo, in maniera che le persone all’interno della   galleria potessero ovunque raggiungere un luogo sicuro e raggiungere l’esterno   della galleria sul fianco della montagna. Ciò in palese contraddizione con   quanto aveva affermato un “illustre” intervenuto alla riunione di Carisolo. 
  
  Eppure l’ing. Da Rios e quest’ultimo hanno detto che la   normativa obbliga a realizzare la doppia canna. Allora, ci sono due soluzioni: o   in quello che Da Rios ha affermato c’è qualcosa che non va, oppure la provincia   di Bolzano non si trova né in Italia, nè in Europa. 
  Anche dalla   delibera della giunta provinciale n°2049 del 23 settembre 2005 si evince che nel   nostro caso non esistono i presupposti che spinsero la giunta Provinciale – su   proposta della ditta “IMPRESA COSTRUZIONI GEOM. LEONE COLLINI S.P.A.” – a   prevedere una seconda canna anche per la galleria di Mezzolombardo. Infatti i   volumi di traffico sono nettamente inferiori a quelli che erano in gioco in quel   caso (19.000). Nel nostro caso sono meno della metà nei momenti di punta e   nemmeno un quarto per il 90% dell’anno.
  
  La seconda bugia: la   galleria del Doss non si può fare perché presenta grossi problemi   geologici.
  I tecnici provinciali e lo stesso impresario locale   più volte citato ci hanno detto che scavare una galleria sotto il Doss sarebbe   un’opera titanica per le scarse caratteristiche meccaniche della roccia. Se da   una parte è vero che le rocce presenti sotto il Doss hanno caratteristiche   piuttosto scadenti di resistenza, è anche vero che esistono tutte le tecnologie   e le conoscenze per affrontare in sicurezza e con successo lo scavo, soprattutto   nel caso della realizzazione preventiva di un preforo. 
  Lo testimonia ad   esempio il il fatto che negli anni ‘50, in poco più di un lustro, i nostri nonni   scavarono, con tecniche non certo avanzate come quelle attuali, una lunga   galleria detta “canale di gronda” che ancora oggi corre parallela a quella di   progetto. Nell’immagine che segue si può apprezzare il parallelismo dei due   tracciati.

Viene naturale chiedersi: “se ce l’hanno fatta negli anni ‘50 (la galleria ENEL è abbastanza larga da permettere il passaggio di una jeep) perché oggi dovrebbero impiegarcene 10 o 15, come ha affermato il tecnico provinciale DeCol a Giustino?



La terza bugia: il versante del Doss del   Sabion è instabile.
  
  Ci è poi stato detto che parte del versante   del Doss del Sabion stia scivolando verso valle e che trancerà l’eventuale   galleria che in esso si andrebbe a realizzare. Ci si aspetterebbe dunque che   esistano una serie di sondaggi e di indagini geomeccaniche che dimostrino questa   affermazione. 
E invece cosa si scopre? Si scopre che la deduzione   dell’esistenza di tali problematiche è basata sull’interpretazione delle foto   aeree, ovvero su un primo approccio d’indagine che deve essere sempre supportato   da prove sul campo per confermarne la validità. 

È come se un medico diagnosticasse un tumore dal   semplice fatto che uno ha un po’ di mal di pancia. Non è forse vero che di   solito è necessario anche fare delle analisi, prima di dire una cosa del   genere?
    
  Il 7 febbraio 2007, ho chiesto ad uno dei maggiori esperti del   settore, il Prof. Giovanni Barla del Politecnico di Torino, in visita come   consulente alla Cava Maffei, quale fosse l’indicazione più attendibile per   sapere se questi movimenti gravitativi profondi esistono davvero:   l’interpretazione delle foto aeree, o il comportamento della galleria dell’ENEL?   Ovvero, per continuare il nostro parallelismo medico, il mal di pancia, o le   analisi? La risposta è stata ovvia. E sappiamo che la galleria ENEL, ad oggi,   non ha mostrato problemi.
  
  Di più. Nella prima serata a Giustino – il 16   febbraio 2007 – ad una mia obiezione a riguardo dei problemi geologici del   versante del Doss del Sabion, derivanti solo dall’interpretazione delle foto   aeree, il geologo Zambotto della Provincia di Trento mi ha risposto che esiste   uno studio geologico recente che dimostra l’esistenza di tali fenomeni e che non   si è fatto in tempo ad allegare alla documentazione di VIA. 
  In qualità di   consigliere comunale ho richiesto alla Provincia, con fax datato 27/02/07   protocollato anche in Comune, che tale documentazione venisse allegata al   fascicolo di VIA. Il servizio geologico della Provincia mi ha risposto in data   16/03/07 con lettera riportante:
  
  “il recente studio geologico   effettuato sul versante orografico sinistro della Val Rendena, citato anche in   sede di incontro pubblico a Giustino, è stato redatto dal dott. Geol. R.B.,   libero professionista, nell’ambito del progetto di un intervento edilizio   predisposto da privati cittadini. La relazione geologica è stata corredata, su   suggerimento del Servizio Geologico, di approfondite indagini   geognostiche (sondaggi a carotaggio continuo) e prospezioni geofisiche profonde   (audio magnetotellurica).” 
  
  Pertanto tale studio, in   sintesi, poiché commissionato da un privato e facente parte di una procedura di   autorizzazione, non poteva essere allegato al Via e nemmeno reso   disponibile.
  
  Per nulla scoraggiato, ho cercato la relazione in questione.   Non è stato peraltro difficile.
  
  Trovandosi l’intervento edilizio oggetto   dello studio in una zona sospettata di presentare questi movimenti gravitativi   profondi proprio in seguito all’interpretazione delle foto aeree, il servizio   geologico della Provincia ha ritenuto di far effettuare la ricostruzione di una   sezione geologica attraverso l’effettuazione di circa 10 sondaggi   audiomagnetotellurici. L’elaborato risultante è quello riportato nella figura   successiva.

Quindi le citate “approfondite indagini   geognostiche” consistono dunque in un’indagine puntuale, ovvero un unico   sondaggio meccanico di 18 m di profondità finalizzato alla caratterizzazione   geotecnica del sito dove deve sorgere la nuova costruzione. 
  Le “prospezioni   geofisiche profonde” citate nella lettera riguardano la ricostruzione di una   sezione verticale, eseguita con i sondaggi audiomagnetotellurici.
  A commento   dei risultati, l’estensore della relazione riporta: 
  
  “la presenza   di una fascia di elevata fatturazione riconducibile alla zona di frizione   collegata ad una DGPV (Deformazione Gravitativi Profonda di Versante)   sembrerebbe poco probabile vista la presenza di due setti molto rigidi   costituiti dalle radici delle apofisi granitiche e, in ogni caso, l’eventuale   DPGV risulterebbe attualmente stabilizzata per il fatto che la sua base si   troverebbe intorno a 100 m al di sotto dell’attuale quota del fondovalle” 
  
  E, ancora:
  
  “sulla sezione presentata è stato   tracciato il limite di un eventuale DPGV i cui segni non è possibile individuare   con chiarezza e la cui porzione più avanzata sembra sia ricoperta da oltre un   centinaio di depositi alluvionali di fondo valle”.
  
  In parole   povere significa che il geologo, oltre a fare un sondaggio finalizzato   unicamente a verificare la fattibilità della costruzione privata, ha provato a   verificare, come richiesto dal Servizio Geologico della Provincia, se esistono i   movimenti gravitativi profondi cui le foto aeree facevano sospettare. Ma non ha   dimostrato nulla, anzi, egli stesso dice che è poco probabile che siano presenti   e, qualora esistessero, risultano stabilizzati! Pertanto non c’è ancora uno   studio che provi l’esistenza di questi fenomeni e in ogni caso, servono altre   indagini, contrariamente a quanto affermato a Giustino dal Geol. Zambotto. 
  
  “Spacciare” questa interpretazione come descrittiva di tutto un   tracciato di galleria, che è perpendicolare a questa sezione, conoscendo   direttamente solo 18 m di spessore del sottosuolo è assolutamente azzardato. I   tracciati delle gallerie dovrebbero essere verificati con sondaggi meccanici   effettuati lungo l’asse della stessa e con frequenza almeno ogni 100   m.
  
  Sembra allora che l’esistenza di questi problemi sia poco probabile.   Ma del resto anche la già citata “galleria Enel” non ha mai mostrato durante la   sua esistenza nessun fenomeno che potesse metterli in evidenza. Ha subito   interventi sì di manutenzione, ma solo di natura ordinaria, se si esclude la   zona della Cava Maffei, che a causa della escavazione mineraria del versante ne   ha provocato la destabilizzazione.
  
  La quarta (mezza) bugia: le   sorgenti.
  
  Scartare la soluzione in galleria dicendo che la   galleria toglierà tutte le sorgenti è pretestuoso perché anche questa   affermazione è assolutamente da verificare. 
  È vero che in una montagna come   quella del Doss le venute d’acqua sono abbondanti e che c’è il rischio, reale,   di intercettarne alcune. Ma attuando una serie di accorgimenti speciali, primo   fra tutti una corretta impermeabilizzazione del cavo è anche possibile   limitazione questo impatto negativo, che può comunque manifestarsi   temporaneamente. Inoltre l’ipotesi di turbativa del regime delle sorgenti –   soprattutto quelle di Giustino – andrebbe quantomeno verificata in base ad una   cartografia corretta e in base ad uno studio idrogeologico correttamente   eseguito e testato con traccianti, altrimenti si è di fronte, ancora una volta,   a mere supposizioni. 
  
  La quinta bugia: il   radon.
  
  Il giorno 1 marzo 2007 la popolazione dell’alta Rendena   viene a scoprire attraverso i giornali che il Doss del Sabion è radioattivo, che   scavare la galleria riporterebbe alla luce fonti di radioattività naturale e che   si metterebbe in pericolo la salute delle persone. Ultima arma da giocare: il   terrore, chi sceglie la galleria vuol far morire tutti di cancro ai   polmoni!
  Quando si dice – tra l’altro – il tempismo, il 2 marzo 2007 c’è un   incontro a Giustino con i tecnici della Provincia e l’Ing. De Col conferma:   scavando la galleria si incontrano rocce che possono contenere Radon. Vengo   addirittura chiamato in causa da un censita di Giustino che mi accusa di   diffondere notizie false perché mi ero preoccupato di smentire, il giorno   seguente a quello dell’articolo in questione e sullo stesso quotidiano, quanto   apparso il giorno prima.
  Devo difendermi e spiegare che sono al corrente che   la SOMIREN (una Società del Gruppo AGIP) aveva effettuato una ricerca mineraria   (1957-1978) sulle arenarie di una zona che si trova molto più a Sud del Dos del   Sabion e che presenta una geologia completamente differente da quella che si   troverebbe scavando la galleria (si veda la localizzazione delle ricerche nella   figura allegata).
  
Ho poi riportato come: “le analisi che negli   anni successivi il laboratorio chimico provinciale eseguì sulle acque uscenti   dalle gallerie realizzate per la stessa ricerca mineraria dell’uranio,   confermarono il basso contenuto di minerale uranifero e di riflesso della   radioattività”. E così mi sono preso, da parte dell’Ing. De Col, l’appellativo   di “uomo delle certezze”. Di solito, se non si hanno argomenti per   controbattere, si attacca l’argomentatore.
    Pazienza. A conferma della   bontà delle affermazioni allego alla presente e al verbale una lettera scrittami   dal Dott. Geol. Manuel Dagnolo, ex direttore delle attività minerarie non   petrolifere dell’AGIP e capo delle ricerche uranifere in Val Rendena, in   risposta ad una mia serie di quesiti. La lettera è molto tecnica e ne tralascio   di leggerne tutto il contenuto, ma mi preme di sottolineare alcuni   passaggi:
  “la formazione indiziata per la presenza di uranio […]   si estende in un unico orizzonte sul versante orientale della valle per   un’estensione di 6/7 km a partire dal paese di Verdesina fino a Giustino. […]   nessun’altra formazione presente in valle è stata mai caratterizzata dalla   presenza di materiali uraniferi, comprese quelle ad est- nord est dell’abitato   di giustino, nella cui area avviene un cambiamento di dominio geologico e dove   dovrebbe essere eventualmente tracciata la galleria di circonvallazione degli   abitati di Giustino e Pinzolo”
  
  “faccio presente che i   controlli, sempre a suo tempo effettuati, nella galleria di gronda dell’ENEL   ubicata a monte di quella del progetto di cui ora si sta parlando, non hanno   evidenziato nessuna presenza di radioattività legata alla presenza di materiali   uraniferi o a quella di gas radon”
  
  “personalmente   ritengo che, sulla base della mia esperienza di miniera, dei ritrovamenti e   delle misurazioni a suo tempo effettuate, il timore di riscontrare fonti di   radioattività direttamente da minerali durante lo scavo della galleria lungo il   tracciato riportato nel progetto depositato presso l’ufficio VIA, o lungo un   tracciato che si sviluppi anche più profondamente ad esso, sia praticamente   nulla, anche la concentrazione di radon dovrebbe essere praticamente non   rilevante, con valori bassi, legati alla formazione di metamorfiti di base nel   cui ambito la galleria dovrebbe essere tracciata”
  
  “per   quanto riguarda l’articolo apparso sul quotidiano “Adige” […] esso presenta un   titolo di taglio prettamente giornalistico, atto a catturare l’attenzione della   popolazione che non ha dimestichezza con la problematica. Non ritengo di   commentarlo”
  
  Cosa ha fatto invece il Politecnico? 
    Ha preso semplicemente per buono quanto riportato nello studio   di VIA, senza ulteriori approfondimenti, riportando semplicemente le valutazioni   negative del servizio geologico della Provincia, che come abbiamo visto, sono da   dimostrare.
    La sua relazione ammette che “rispetto alle altre soluzioni   di tracciato” – quella in galleria – “risulta indubbiamente l’ipotesi meno   determinata progettualmente”. 
    Curiose sono due cose: la prima, che la   soluzione che per lo studio di VIA impatta di meno sull’ambiente sia quella meno   determinata progettualmente, la seconda che da nessuna parte, pur avendolo   sbandierato alla popolazione, in tale relazione non sia mai stato messo nero su   bianco il fatto che, per ragioni di sicurezza, è obbligatorio realizzare la   doppia canna!
  Eppure nella delibera sta scritto che: “sono state pertanto   oggetto di attenta valutazione le difficoltà di carattere tecnico che di   fattibilità economica, le potenziali conseguenze dell’opera sulle sorgenti   d’acqua presenti in loco, le problematiche ambientali connesse alla   realizzazione della stessa e la tempistica conseguente”.
  
  Le   problematiche della soluzione in Pineta.
  
  A questo punto, a   seguito della riunione del 9 marzo 2007, siamo entrati anche noi in possesso   della relazione dei consulenti e ci siamo riproposti di analizzare la nuova,   quarta possibile (?) soluzione di viabilità. Subito sono saltati all’occhio   alcuni passaggi della relazione del Politecnico di Milano che richiedevano   alcune precisazioni e chiarimenti, nonché la necessità di ottenere alcune   rassicurazioni presso la Provincia su quanto i consulenti, in maniera   indipendente, avevano affermato.
  Purtroppo, ancora una volta le nostre   richieste sono state disattese. Nessuna risposta, nessuna chiarificazione. Solo   una affermazione: il Politecnico ritiene conclusa la sua consulenza con la   consegna della relazione depositata in Comune. Il documento – protocollato   presso il Comune di Pinzolo – è anch’esso allegato alla presente relazione. 
  Nonostante avessimo la convinzione che la soluzione migliore, tra quelle   proposte dalla Provincia, fosse la soluzione in galleria, dopo il 9 marzo ci   siamo resi disponibili anche ad analizzare la soluzione in Pineta così come   presentata dal Politecnico di Milano. E lì, come abbiamo detto ci sono sorti   molti dubbi.
    Sarà davvero una soluzione così invisibile?
    Si   riuscirà davvero a realizzarla in così poco tempo?
  Allo stesso tempo   abbiamo ritenuto che il documento predisposto dai consulenti non portasse alcuna   garanzia su quanto detto in palestra a Carisolo, in quanto le prescrizioni   riportate nello studio del Politecnico di Milano sono molto generiche, non sono   corredate da elaborati grafici anche solo a titolo esemplificativo e, anche se   adottate integralmente, contengono al loro interno elementi di forte   discrezionalità che non tutelano il Comune in quel senso che è stato promesso   nella riunione pubblica a Carisolo.
  Abbiamo dunque richiesto ufficialmente   delucidazioni e approfondimenti su vari aspetti tra i quali riporto solo i più   importanti:
  
  1) Quali e quanti vincoli urbanistici   insorgeranno nelle aree interessate in seguito alla realizzazione dell’opera,   comprese le eventuali fasce di rispetto che insorgeranno;
  2) La messa in evidenza delle possibili ripercussioni che l’affossamento   di un cordone impermeabile nella piana alluvionale del Sarca potrebbe apportare   sul regime ideologico locale (ad esempio innalzamento della falda), oppure le   considerazioni per cui questo pericolo possa essere rimosso. Visto che in   delibera si sostiene che “sono state […] oggetto di attenta valutazione le   difficoltà di carattere tecnico che di fattibilità economica, le potenziali   conseguenze dell’opera sulle sorgenti d’acqua presenti in loco, le problematiche   ambientali connesse alla realizzazione della stessa e la tempistica conseguente”   con riferimento alla galleria, non mi sembrava una richiesta scandalosa chiedere   le stesse sbandierate attenzioni anche per la soluzione “DaRios”!
  3) La presentazione di un elaborato grafico che mostri in maniera   sintetica ma esaustiva una tipologia possibile di realizzazione e di   mascheramento delle uscite di sicurezza pedonali citate dalla relazione del   Politecnico di Milano a pag. 10 e che costellerebbero il tracciato alla distanza   di 200/300 m. Per capire se la soluzione è davvero così invisibile come è stata   presentata nella riunione del 9 marzo.
  4) La presentazione   di un elaborato grafico che mostri in maniera sintetica ma esaustiva la   tipologia possibile di realizzazione delle uscite di sicurezza veicolari citate   dalla relazione del Politecnico di Milano a pag. 10 e previste nella zona di   confluenza dei rami del Sarca, allo scopo di valutarne l’impatto.
  5) La presentazione di un elaborato grafico consistente in almeno una   sezione-tipo che mostri cosa si intende per “realizzazione delle murature   laterali del manufatto con quote di spiccato superiori al livello di massima   piena prevedibile” indicando lungo il tracciato l’altezza minima necessaria   desunta dallo studio idraulico.
  6) Il completamento del   crono-programma, specificando maggiormente le fasi di lavoro, mettendo in   evidenza anche le ipotesi di base con cui il cronoprogramma è stato stilato come   ad esempio i tempi parametrici per la costruzione della galleria. Il   completamento dello stesso con la messa in evidenza della necessità di opere di   protezione fluviale come richieste dalla relazione idraulica allegata allo   Studio di Impatto Ambientale, la loro durata e la loro programmazione temporale   e di realizzazione. 
  7) La messa a punto di un   crono-programma alternativo sotto l’ipotesi della necessità di realizzazione di   fondazioni profonde, come evidenziato dalla realizzazione geologica allegata   allo Studio di Via, per mettere in evidenza le possibili ripercussioni sui tempi   di realizzazione dell’opera di uno scenario diverso da quello “standard”   proposto e che risulta peraltro probabile.
  
  Evidentemente un ulteriore   piccolo sforzo, non era più possibile, per i consulenti e, mentre per la   galleria si dichiara che “sono state […] oggetto di attenta valutazione le   difficoltà di carattere tecnico che di fattibilità economica, le potenziali   conseguenze dell’opera sulle sorgenti d’acqua presenti in loco, le problematiche   ambientali connesse alla realizzazione”, per la soluzione lungo il Sarca si sono   invece completamente ignorate le possibili ripercussioni dell’opera sulla falda,   sul regime fluviale e quelle problematiche derivanti dall’occupazione di   territorio dichiarato a rischio idrogeologico, oltre a tutte quelle legate ai   disagi in fase di costruzione.
    Poi ci preoccupava ancora un aspetto,   ovvero la reale possibilità di realizzare la galleria completamente interrata.   Questo perchè l’Ing. De Col aveva affermato a Giustino che di fronte alla   richiesta delle amministrazioni di realizzare la viabilità tutta interrata egli   vedeva dei problemi a rispondere positivamente. Aveva anche aggiunto che il   tratto di trincea aperta originariamente previsto tra i due tratti di galleria   artificiale era stato collocato lì proprio per spezzare la lunghezza del   tunnel.
  Abbiamo dunque chiesto che prima di deliberare si chieda alla   Provincia rassicurazioni in merito, ma niente!
  
A voi la deduzione su   quale sarà il mio voto, questa sera, nella convinzione che votare una delibera   del genere significhi dire solo un sì ai lavori in Pineta… tutto il resto è   ancora oggi una incognita. 
Ing. Massimo Caola

 
			 
			 
			 
			 
			