Giuseppe Ciaghi scrive a Campane di Pinzolo.it

di Giuseppe Ciaghi

Giuseppe Ciaghi scrive a Campane di Pinzolo.it

Alla spettabile Redazione e alla gentil signora Paola Irsonti. Vi sono grato e Vi devo ringraziare, di cuore, per le informazioni sul nostro fiume comparse in questi giorni sul notiziario di casa. E devo esprimere anche tutto il mio rammarico per non essere potuto partecipare alla conferenza “ La Sarca. 77 km di vita che scorre” del 12 maggio in biblioteca a Pinzolo. Ho perso tanto! Devo confessare di essere venuto al mondo più di ottant’anni fa proprio in riva alla Sarca, a neanche 50 metri dal suo corso, allora impetuoso e con la portata d’acqua originaria e poi una voce, una voce… (non erano ancora iniziati i lavori che ne hanno rapinato le acque e l’habitat e con essi tanti aspetti della vita che è andata e va scomparendo sempre più di stagione in stagione). Comunque ho appreso tante novità; non mi era noto che la Sarca. “Nasce in Trentino dalla confluenza della Sarca di Campiglio passando poi per la Val Nambrone, giungendo e congiungendosi al Lago di Vedretta a quota 2612 metri percorrendo poi la Val Genova e quindi passando i paesi della Valle Rendena da Pinzolo a Tione e sfocia nel Lago di Garda. Mi ha colpito poi la constatazione che. “la potenza limpida e gelata delle sue acque nei 77 chilometri del suo lungo tragitto rende maestosa la sua vista, la sua portata porta con sé l’energia di flora e fauna ittica che a seconda della quota a cui si trova può variare la minuscolo microorganismo vivente sul ghiacciaio alla trota che si può trovare nella Sarca sotto il ponte che unisce Pinzolo a Caderzone…” A questo punto mi pare di vivere, o di essere vissuto in un altro pianeta. A me la Sarca nelle condizioni attuali, con l’acqua ridotta a un rigagnolo che si perde tra i sassi dell’ ampio alveo, fa pena, provoca una stretta al cuore, mi rattrista, mi dà l’idea di un fiume destinato a morire. Per non parlare della fauna! La trota fario, di cui si parla nei testi dello Gnesotti e di Michelangelo Mariani, non si può più nemmeno seminare. Non sarebbe autoctona, mentre l’assessore provinciale di competenza, tale Zanotelli, sta per promuoverla “paraautoctona”. Ma nemmeno il mais e la patata sono “autoctoni”. Cosa succederebbe se ne impedissero la coltivazione ai contadini delle Giudicarie Esteriori o ai coltivatori di Storo? Se la logica di nostri politici è questa non sarebbe da escludere.