Il Coro Presanella vola in America

di Chiara Cominotti

In trasferta per gli emigranti trentini (9-20 ottobre 2011)

A distanza di 10 anni, con un nuovo maestro e nuovo slancio, il Coro Presanella di Pinzolo vola di nuovo oltreoceano per cantare per gli emigranti trentini. Se nel 2001 le mete sono state Boston e New York, questa volta lo aspettano le città dei Grandi Laghi e il Canada.

Il programma di trasferta prevede tappa a Chicago sul lago Michigan, poi Detroit sullo stretto tra il lago Huron e l’Erie, Solvay e infine varcando il confine canadese, sul lago Ontario, a Toronto.

Per molti coristi è la prima volta negli Stati Uniti: Merica, Merica, Merica, cosa sarala ‘sta Merica? L’atmosfera che si respira è da subito famigliare: ci accolgono in aeroporto i sorrisi dei parenti americani di qualche corista ed è subito clima di casa, per non parlare dei primi colpi d’occhio sullo skyline di Chicago che è meraviglioso. Ad aspettarci in suolo americano ci sono anche Benjamin e Gayle Maganzini, che con allegra amicizia ci accompagneranno in quest’avventura.

La tabella ci mette letteralmente in marcia per la Columbus Parade, una grande sfilata per ricordare la scoperta dell’America e una festa degli Italiani che si celebra in molte città americane. Anche a Chicago si svolge il tradizionale corteo di carri tricolori e gruppi di ogni sorta e regione di provenienza. Anche il coro non può non partecipare e si presenta con la sua caratteristica divisa in Balbo Drive, accompagnato da cinque dame in veste folkloristica, portando così il suo tocco di azzurro ad una parata già di per sé colorata e stravagante, in un clima estivo che invoglia ad indossare infradito e bermuda piuttosto che zuava, scarponi e scialli di lana.

Passando per il bellissimo Millennium Park il coro si è raccolto ai piedi del “Silver bean”. Questa scultura a forma di enorme fagiolo, divenuta uno dei simboli di Chicago, in quel momento ha rispecchiato a tutto tondo il verde del parco, il luccichio dei grattacieli, l’azzurro del cielo e delle camicie dei coristi che qui hanno intonato “Amici miei” e “El careter”, fermando innumerevoli passanti e curiosi ad ascoltare.

Quindi un lunghissimo e datato autobus giallo tipo scuolabus ci ha scarrozzato appena fuori Chicago, a “Casa Italia”, dove il Columbus Day ha radunato in un tendone decine di italiani e dove si è tenuto il primo concerto americano del coro.

Ma l’incontro più sentito con gli emigranti è stato con gli arrotini sul molo Navy Pier, dove in un suggestivo tramonto sul lago Michigan il Coro ha cantato alcune canzoni del suo repertorio, per poi essere ospitato al Riva Restaurant per un concerto in sala da pranzo e un’ottima cena amichevolmente offerta dalle famiglie Cozzini Ivo, Susanna, Oscar e Osvaldo, Antoniolli Gianni e Tommy, Cozzini Claudio, Roberto, Silvano e Marco.

Il molo Navy Pier un tempo era una base navale militare ma dal 1995 è stato trasformato in una delle zone più attraenti di Chicago con ristoranti, giostre per bambini, la ruota panoramica, il labirinto degli specchi e diversi teatri. Inoltre regala una splendida vista sulla città, soprattutto al tramonto.

Il giorno seguente è la musica la protagonista e tutta la giornata trascorre in compagnia di insegnanti e di studenti di italiano e di musica della De-Paul University di Chicago, prima per conoscersi, poi per conoscere il nostro modo di far musica, infine per il concerto del coro “De Paul A Cappella” e del Coro Presanella, con il finale “La Montanara” cantato insieme, che fa versare lacrime di commozione a più di una signora di origine italiana.

In quest’occasione ci hanno accompagnato con molta disponibilità i professori Catherina Mongiat Farina e Joseph Ferrari Fracas della De Paul University e Eugen Pellegrini e Luciana Svaldi della TNM Chicago.


Torniamo nel cuore di Chicago, ove il nostro albergo è situato a un passo dal Magnificent Mile (Mag Mile), il tratto lungo suppergiù un miglio della elegante North Michigan Avenue, di cui ammiriamo gli storici palazzi (come la Historic Water Tower, unica scampata al Grande incendio del 1971 che rase al suolo l’intera città), ma anche le boutique alla moda e i grandi magazzini (come Macy’s).

Interessante l’Architectural Cruise sul Chicago River, navigando in una selva di grattacieli di diverse epoche e stili architettonici, sotto i caratteristici ponti mobili (in totale sono ben 52) di cui il primo nel suo genere è il bellissimo North Michigan Bridge del 1920.

Facciamo un giro nella Downtown: la zona detta Loop è il centro finanziario e amministrativo ma anche dello shopping lungo la famosa State Street. Prende il nome dall’anello di binari sopraelevati (EL) costruito dopo il Grande incendio per far fronte al rapido sviluppo della città e del traffico.

Qui svetta la Sears Tower (ora Willis Tower), capolavoro architettonico di 110 piani, costruita nel 1974 in soli 3 anni, e sempre in questa zona ci addentriamo nell’altissimo atrio circolare del James R. Thompson Center, edificio di 17 piani di acciaio, granito e pannelli in vetro, costruito nel 1985. Con un artistico pavimento a rosetta disegnata dai lastroni di marmo, è sede di negozi e degli uffici della FBI. In questa suggestiva location il Coro accenna “Belle Rose du Printemps” ma viene subito gentilmente interrotto da una guardia.

Chicago con i suoi 3 milioni di abitanti è la terza città degli USA e capitale finanziaria del Midwest. Meriterebbe sicuramente qualche giorno in più per poter meglio ammirare i capolavori della sua architettura, i molti musei e parchi. Indimenticabili le viste mozzafiato dal 94° piano del John Hancock Building (335 m di altezza) e dal 103° della Willis Tower ove ci si può avventurare sullo Skydeck (terrazza trasparente a 440 m di altezza sulla downtown).

Ma dopo tre giorni intensi, è l’ora di partire per Detroit dove ci attendono gli amici del Circolo Trentino di Detroit e Windsor. Durante il tragitto un fuori programma: una ultranovantenne di origine pinzolese e sua figlia (della famiglia Binelli “Rani”), ci invitano a casa loro per un lunch in un ambiente intimo ed accogliente.

All’arrivo a Dearborn, Mary Jo e Lorenzo del Circolo Trentino ci accolgono all’Hotel con una gentilezza ineguagliabile. Durante la cena ci spiegano che Detroit è una città in forte crisi economica e con altissimo tasso di criminalità, e che è consigliabile non avventurarvisi a piedi, tantomeno di sera. Imperdibile invece il tour alla Ford Factory (fabbrica di auto dal 1896), ad alto contenuto tecnologico, con visita all’ultimo tratto della catena di assemblaggio del Pick Up “Raptor” e alle automobili d’epoca come le prime Ford Model-A del 1927.

Al Club Venetian di Detroit, in una elegante sala, il coro tiene il suo terzo concerto ufficiale, in onore del 25° di fondazione del Circolo Trentino di Detroit e Windsor. Durante la cena ci distribuiamo ai tavoli dei nostri ospiti avendo modo così di conoscere persone simpatiche e storie vissute interessanti e uniche. Lo scambio di esperienze con i trentini in America è reciproco: intonando i canti di montagna gli emigranti si riuniscono tra loro ritrovando i ricordi, i luoghi e la lingua delle origini. Anche noi ci sentiamo migliori e fortunati, leggendo nei loro occhi la nostalgia per un Paese a volte idealizzato ma veramente amato dal profondo del proprio essere.

Il giorno seguente la meta è proprio Detroit che conosceremo grazie ad una guida rendenese ormai americanizzata, Lorenzo Romeri.

Le centinaia di case abbandonate e fatiscenti che incontriamo lungo il tragitto ci testimoniano il degrado di una città che da capitale dell’industria automobilistica americana (Ford, Pontiac, Chrysler, General Motors) ha vissuto una crescente crisi del settore a partire dagli anni ‘60-‘70, con conseguente forte disoccupazione. Anche le tensioni razziali hanno contribuito ad una vera e propria fuga degli abitanti di Detroit e ad oggi la popolazione è dimezzata rispetto agli anni ’60 ed è composta per l’80% da neri e 20% da bianchi (mentre prima era l’inverso). Nel suo inquietante aspetto di città fantasma, Detroit ci fa conoscere l’altra faccia della medaglia di un’America contraddittoria e spietata.

Qui parte dei coristi si ferma a visitare una caserma dei Fire Fighters di Detroit, mentre una parte raggiunge il trenino sopraelevato (the People Mover) per vedere dall’alto -e dal sicuro- il centro desolato della città, nonchè il Renaissance Center sul lago, sede della General Motors.

Salutando il malinconico skyline di Detroit, partiamo per Solvay-Syracuse, affrontando il tratto più lungo percorso in pullman: quasi 700 km in una mezza giornata, con tappa rigenerante alle Niagara Falls per la cena in una steakhouse con vista sulle cascate illuminate di rosa e lilla.

Solvay oggi è un sobborgo di Syracuse di 6400 abitanti. Il villaggio è nato alla fine del 1800 da emigranti, per lo più italiani-tirolesi, attirati dall’industria del bicarbonato di sodio che oggi è convertita in altre produzioni. Qui si trova il Solvay Tyrol Club, nato nel 1929 e orgogliosamente mantenuto fiorente da originari giudicariesi (soprattutto della Val del Chiese) e di Avio. Il pranzo a base di polenta& chicken in un’atmosfera ospitale e informale è seguito dal concerto su un palco con fondale di Alpi e campanile aguzzo tipico tirolese, inusuale incontro in America.

Il giorno dopo diciamo addio allo Stato di New York, alle sue tipiche casette di legno adornate di zucche e streghette per la festa di Halloween, e passiamo la frontiera per raggiungere le Niagara Falls dal lato canadese che è il più spettacolare. Nonostante l’edilizia selvaggia tutt’intorno, le cascate restano affascinanti e l’emozione e il divertimento sono unici nell’addentrarci ai loro piedi a bordo del battello “Maid of the Mist” avvolti negli impermeabili azzurri e nella bruma.

Le cascate si trovano a cavallo tra il Canada e gli Stati Uniti, precisamente tra i laghi Ontario e Erie. Sono originate dal fiume Niagara e presentano un vastissimo fronte d’acqua anche se l’altezza non supera i 60 metri. Il nome Niagara significa “acque tuonanti” e deriva dal termine irochese (Onguiaahra) con cui le definivano gli antichi abitanti pellerossa di questa regione.

Dalla panoramica altezza della Skylon Tower ammiriamo le canadesi Horseshoe Falls a forma di anfiteatro, al centro le piccole Bridal Veil Falls (cascate a velo nuziale) e a sinistra le American Falls circondate di gabbiani, e come i gabbiani rischiamo di spiccare il volo a causa delle raffiche di vento fortissimo.

Infine è la volta di Toronto, ove il freddo ci ricorda che siamo in Canada. Moderna e effervescente di centri direzionali e commerciali, Toronto è bellissima anche vista dal lago Ontario, navigando fino alle Toronto Islands, oppure dall’alto dai 346 metri dell’osservatorio della CN Tower (Canadian National Tower), una delle torri più alte del mondo (535 m sulla punta).

Toronto è il maggior polo economico del Canada e la sua più grande città (oltre 2,5 milioni di abitanti). A carattere multiculturale, è tutt’ora meta di emigranti da tutto il mondo: circa la metà dei torontoniani è nato in Europa e una delle maggiori comunità presenti è costituita proprio dagli italiani. Una particolarità che scopriamo è la “Toronto sotterranea” che si estende per 28 Km di negozi e servizi, intrecciandosi alle fermate del metrò e assicurando un tiepido riparo al rigore invernale.

Non passa inosservata l’architettura all’avanguardia: nei pressi del nostro Hotel svetta il municipio (City Hall), formato da due grattacieli semicircolari che si guardano l’un l’altro e, al centro più basso, un edificio a pianta circolare con cupola ribassata, sede della sala consiliare. Invece lo stadio del ghiaccio (Sky Dome o Rogers Centre) con il tetto retrattile ospita le partite di Hokey dei Toronto Maple Leaf.

In superficie percorriamo Yonge Street, la strada più lunga del mondo (19 Km). Nel suo tratto centrale Yonge Street è molto vivace e piena di negozi e centri commerciali, tra cui l’enorme Eaton Centre (1976) con la sua lunghissima galleria trasparente ispirata alla galleria Vittorio Emanuele II di Milano, racchiude al suo interno perfino 2 fermate dalla metropolitana.

Poco distante da Toronto si trova la città di Hamilton. Qui ha sede il Club Famee Furlane dove il coro tiene il sesto e ultimo concerto e viene ospitato ad una squisita cena. Anche qui l’occasione raduna emigranti di Toronto e di altre città del Canada, Gusto, Emilio, Giorgio e Rena Nella, Tarcisio Bonapace e Remo Righi, arrivati apposta per incontrare i compaesani, per ricevere con affetto il coro Presanella e ascoltarne le canzoni.

Le giornate trascorse con i nostri concittadini emigrati in America sono stati per noi momenti indimenticabili di conoscenza e di arricchimento personale. Dalle loro parole abbiamo capito l’importanza di avere delle radici, l’orgoglio di trasmettere ai discendenti i sacrifici degli avi e il valore delle proprie origini, che, anche e nonostante una lontananza fisica, fondano la nostra identità e quella delle nostre persone care.

La bellissima esperienza è stata resa possibile grazie all’impegno del presidente del coro Luca Cereghini che con passione ha organizzato, prenotato, controllato in ogni particolare un viaggio complesso fatto di appuntamenti e incontri diversi. Grazie al maestro Massimo Caola che ha preparato i concerti e grazie ad ogni singolo corista che ha messo impegno e serietà in una trasferta avvincente ma anche faticosa. Infine un ringraziamento ad Ansel Masè la presentatrice, a Iris Beltrami e Anna Caola che hanno tradotto in inglese le introduzioni alle canzoni per meglio avvicinarle agli amici americani ed a Costanza Maestranzi per l’aiuto nel seguire l’organizzazione del viaggio.

Chiara Cominotti

Coro in Michigan Avenue (Chicago)

Ai piedi del Silver Bean (Chicago)