La tradizione dei salumai di Rendena

di Marco Salvaterra

La storia della Val Rendena è stata segnata per secoli dall’emigrazione. Un’economia povera, basata sullo sfruttamento dei boschi, sull’allevamento e su quel po’ di agricoltura che era possibile, nei tempi passati ha costretto i suoi abitanti ad andarsene nelle terre grasse della pianura Padana, stagionalmente, o in Paesi stranieri per lunghi anni, a partire dal Seicento.

Dapprima “segantini” (impiegati nella sega a mano dei tronchi), poi “moléti” (arrotini) e salumai, per secoli gli abitanti delle Rendena emigravano dai Santi fino ad aprile verso sud; attraverso l’unica via allora praticabile costituita dal Lago di Garda, arrivavano nel Mantovano dove appresero i segreti e le tecniche di quelle zone già famose per la produzione di salumi. Con il passare del tempo, lentamente venne introdotta una sostanziale modifica alle procedure tradizionali; si cominciò ad aggiungere come ingrediente l’aglio, ritenuto un prodotto salutare con effetti benefici e che conferiva agli insaccati un apprezzato aroma.

Fino a metà Ottocento, i movimenti migratori avevano carattere provvisorio e stagionale: in particolare durante l’inverno molti uomini lasciavano il paese (gli impegni per le attività agricole erano ridotti e anche quelli relativi all’allevamento del bestiame meno impegnativi) per andare nei centri maggiori del nord Italia. La vera emigrazione iniziò soltanto nella seconda metà del XIX secolo, quando intere famiglie lasciarono la valle per fissare la loro dimora altrove. Furono molti quelli che esportarono l’arte dei salumieri in diverse città d’Europa (e non solo). Grande attrazione veniva esercitata dall’Istria e Trieste. Quest’ultima era, nell’ambito dell’Impero austro-ungarico, la più grande città abitata da una popolazione italianofona (quindi non era necessario conoscere un’altra lingua, oltre all’italiano imparato a scuola) che si potesse raggiungere senza difficoltà (e soprattutto senza passaporto e permessi speciali di lavoro) e inoltre Trieste era una città in continua crescita socio-economica, per cui offriva larghe possibilità di successo sia come posti di lavoro che nella prospettiva di buoni affari. Gli emigranti di Rendena (e di Strembo in particolare), nel giro di pochissimi decenni (fine Ottocento-primo Novecento), conquistarono a Trieste una posizione di grande rilievo nel commercio della carne di maiale, rilievo che diventò quasi monopolio.

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