L’incoerenza dei promotori del referendum

di Luigi Olivieri

La riforma istituzionale nazionale ed il referendum promosso dalla Lega Nord per la soppressione delle Comunità di Valle: incoerenze politiche.

Sembra certo che in primavera gli elettori trentini potranno recarsi alle urne per esprimersi in merito alla proposta referendaria promossa dalla Lega Nord e sostenuta dal Partito della Libertà per l’eliminazione dal contesto istituzionale del Trentino delle Comunità di Valle che operano da poco più di un anno.

I promotori del referendum sostengono che quegli Enti siano dannosi per l’articolazione democratica dei poteri nel Trentino che, secondo loro, dovrebbe basarsi sul solo rapporto tra la Provincia ed i Comuni. Questi ultimi poi dovrebbero essere invogliati, con prebende finanziarie, ad associarsi per l’esercizio sovra comunale di alcuni servizi. Quindi 217 Comuni, di cui la metà con popolazione inferiore di 500 abitanti, da un lato e dall’altro la Provincia che con l’eventuale soppressione delle Comunità di Valle concentrerebbe nuovamente presso di se tutte le funzioni trasferite nel contempo alle Comunità di Valle ( i servizi socio-assistenziali, l’urbanistica, l’edilizia popolare e sovvenzionata per citarne alcuni).

Un cittadino, penso, chieda ad una forza politica coerenza nell’agire di tutti i giorni ed in modo particolare nel campo legislativo. Qualora si cambi opinione è necessario, in democrazia, che si sappia il perché si è cambiato idea.

Propongo al lettore di immaginare il Trentino come Provincia a cui lo Statuto di Autonomia non conferisce competenza legislativa primaria in materia di Enti Locali . Se così fosse troverebbe applicazione sul territorio provinciale la legislazione nazionale . Procedo ha descrivere, seppur in modo succinto, il contenuto della legislazione nazionale che disciplina la materia.

Con la recente L. n 148 del 14 settembre 2011, di conversione del Decreto Legge n. 138/2011 del Governo Berlusconi, e stato introdotto l’art. 16, commi 1-26, 29-30, che detta norme relative alla “riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e razionalizzazione dell’esercizio delle funzioni comunali”.

Quella norma vuole assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l’ottimale coordinamento della finanza pubblica, il contenimento delle spese degli enti territoriali e il miglior svolgimento delle funzioni amministrative.

Come si raggiungono questi obiettivi? Vediamo l’articolazione della norma.

I Comuni con popolazione pari o inferiore a 1000 abitanti residenti debbono costituire l’Unione Comunale ( vedasi l’art. 32 dec.leg. 267/2000) per l’esercizio associato delle funzioni amministrative e di tutti i servizi pubblici di cui hanno competenza secondo la legislazione vigente. Con decorrenza giugno 2012 la Giunta in carica decade e restano come organi di governo del Comune il Sindaco ed il Consiglio Comunale composto da 6 consiglieri. Le Unioni di Comuni da costituirsi devono comprendere una popolazione residente nei rispettivi territori non inferiore a 5.000 abitanti ovvero a 3.000 abitanti qualora i Comuni che intendano comporre una medesima Unione appartengano o siano appartenuti a Comunità Montane. La Regione ha facoltà di individuare limiti dimensionali diversi di popolazione entro due mesi dall’entrata in vigore della legge.

Il procedimento di costituzione dell’Unione di Comuni è stato sottoposto a termini definiti perentori. Perciò entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge ( prorogata di sei mesi dal recente Decreto Milleproroghe), i Comuni, con deliberazione del Consiglio Comunale, avanzano alla Regione una proposta di aggregazione. In difetto provvede d’ufficio la Regione stessa.

Gli organi dell’Unione di Comuni sono il Consiglio, il Presidente e la Giunta. È attribuita alla legge dello Stato la facoltà di legiferare sul sistema elettorale stabilendo, non solo il suffragio universale, ma anche l’elezione contestuale e diretta degli organi di governo dell’Unione.

Quali sono le funzioni amministrative fondamentali che i Comuni devono esercitare in forma associata? Sono quelle individuate dall’art. 21 delle legge n. 42 del 2009 e cioè:

1. funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo; 2. funzioni di polizia locale; 3. funzioni di istruzione pubblica, compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione nonché l’edilizia scolastica; 4. funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti; 5. funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente; 6. funzioni del settore sociale.

Per inciso ricordo che con la manovra economica per l’anno 2011 sono state introdotte alcune disposizioni (art. 14, commi 25-31 D.L. 78/2010) che vincolano i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti all’esercizio in forma associata, mediante convenzione od Unione, delle funzioni fondamentali come sopra definite. In questo caso è altresì previsto che il bacino minino di utenza dell’esercizio in forma associata di funzioni abbia un limite demografico minimo di 10.000 abitanti salvo diverso limite individuato dalla Regione.

L’intervento normativo previsto dall’art. 16 si estende anche alla composizione dei Consigli nei Comuni fino a 10.000 abitanti a decorrere dal primo rinnovo successivo all’entrata in vigore della legge.

Più precisamente: i Comuni fino a 1.000 abitanti avranno come organi il Sindaco e 6 Consiglieri Comunali; i Comuni tra i 1.000 e 3.000 abitanti avranno come organi il Sindaco e sei Consiglieri ed al massimo 2 Assessori; i Comuni con popolazione tra i 3.001 e 5.000 abitanti avranno come organi il Sindaco e sette Consiglieri e non più di tre assessori; i Comuni con popolazione tra i 5001 e 10.000 abitanti avranno come organi il Sindaco, dieci Consiglieri e non più di 4 Assessori.

Inoltre costituita l’Unione dei Comuni fino a 1000 abitanti ai Consiglieri di quei comuni non si applicano le disposizioni di cui agli art. 80 (oneri per le assenze a carico degli enti locali) e 82 (indennità di funzione e gettoni di presenza). In altre parole la carica sarà onoraria senza alcuna indennità.

Una vera e propria rivoluzione che ridefinisce la geografia degli 8200 Comuni Italiani. Legge voluta dal Governo Berlusconi e votata compattamente dalla Lega e dal Popolo della Libertà qualche mese fa!

Provate a pensare quello che succederebbe se quella normativa trovasse applicazione anche in Trentino ai 217 Comuni? La scomparsa in pratica delle attuali strutture amministrative nei Comuni con meno di 1.000 abitanti e lo spostamento delle attività cruciali amministrative e di gestione dai Comuni all’Unione.

Ora con il referendum viene proposta l’abrogazione delle Comunità di Valle che hanno solo il torto di aver anticipato, con la loro istituzione, la legislazione nazionale con il merito di essere più rappresentative, più democratiche e che sono al servizio dei Comuni, soprattutto di quelli di piccoli dimensioni, rispetto alla legislazione nazionale!

La Comunità di Valle ha molti difetti (in modo particolare alcune Assemblee faraoniche) che debbono essere corretti ma sono indispensabili se non vogliamo tornare ad una Provincia accentratrice. Solo la forza e la rappresentatività territoriale delle Comunità possono essere veramente soggetti di trasferimento di funzioni e di rappresentanza dei bisogni e degli interessi territoriali nei confronti della Provincia.

Che il referendum della Lega Nord sia strumentale lo dimostra la diversità di comportamento politico tra il livello nazionale e locale; che il centro destra trentino non possa atteggiarsi a paladino dei comuni, soprattutto piccoli, lo dimostra la doppiezza del comportamento dal medesimo tenuto avendo voluto ed approvato una normativa a livello nazionale che sancisce di fatto la morte dei piccoli comuni (al Sindaco dei Comuni con meno di 1000 abitanti rimane la sola fascia di ufficiale del governo!).

Penso che i Trentini non abbiano alcun interesse a sottoscrive la proposta referendaria e tantomeno a partecipare all’eventuale consultazione essendo evidente la strumentalizzazione della problematica da parte di forze politiche che a livello nazionale hanno portato il Paese nella grave situazione finanziaria in cui versa ed in Provincia di Trento giocano allo sfascio istituzionale di quello che si è costruito e che con intelligenza si dovrà migliorare.

 

Luigi Olivieri
Componente del Coordinamento del Partito Democratico del Trentino
Assessore alle Politiche Sociali e Salute della Comunità delle Giudicarie