Nel silenzio, l’ultimo insegnamento di don Fernando
Don Fernando ha scelto di congedarsi così: in silenzio. Non come assenza di parole, ma come luogo dell’incontro più vero. Nel suo Testamento spirituale, reso pubblico dopo la sua morte, non ci sono proclami né rivendicazioni. C’è invece una voce pacata che invita a fermarsi, ad ascoltare, a guardare dentro.
Chiede un funerale semplice, senza discorsi, perché solo il silenzio – scrive – è degno di accompagnare la fine della vita. È nel silenzio che, per lui, si apre la gioia dell’incontro con il Dio amato e pregato ogni giorno. Anche la croce, sola nel loculo, diventa segno essenziale: l’amore gratuito di Cristo, capace di comprendere fino in fondo il cuore umano, fragile e insieme ricco.
Colpisce la sua umiltà. Don Fernando non si presenta come maestro, ma come uomo in cammino. Chiede perdono a chi può aver ferito, racconta la fedeltà quotidiana all’esame di coscienza, la preghiera serale per le offese anche involontarie. Una vita vissuta cercando amicizie vere, accettando anche il dolore del tradimento, senza mai smettere di credere nella relazione.
La sua fede non è fatta di formule, ma di essenzialità. È una fede cercata nel silenzio, incontrata nel perdono, custodita come esperienza personale e mai come abitudine. Gesù Cristo, suo modello di umanità, resta il riferimento costante di uno stile di vita sobrio, libero, profondamente umano.
Nel saluto finale, don Fernando benedice tutte le persone incontrate lungo il suo cammino. Non distingue, non esclude. A tutti rivolge affetto e riconoscenza, consegnando una convinzione che suona come testamento morale: vale la pena essere cristiani buoni, veri, semplici, misericordiosi. Perché il cristianesimo, vissuto come Cristo lo ha vissuto, è prima di tutto un grande umanesimo.
Resta questo, come ultima eredità: un invito a vivere con autenticità, a scegliere l’essenziale, a non avere paura del silenzio. Perché è lì che, ancora una volta, don Fernando ci accompagna.

