Quest’anno non è stato possibile rinnovare la tradizione del “canto del miracolo di S. Antonio”

di CampanediPinzolo.it

Quest’anno non è stato possibile rinnovare la tradizione del “canto del miracolo di S. Antonio”

Quest’anno non è stato possibile rinnovare la tradizione del “canto del miracolo di S. Antonio”, che da tanti anni si ripete con la cantilena ormai entrata nell’orecchio di tanti valligiani. Fin dall’origine questa è un’usanza di “questua”, come i canti del Presepio e della Stella durante le feste natalizie, le “vincite” del chiciöl, del capudàn e delle banagati.

Il canto viene normalmente ripetuto fuori dalla chiesa dopo la processione e nei ristoranti affollati durante il pranzo e la cena. Negli ultimi anni le offerte raccolte sono state spedite a Cecilia e Arrigo Maffei, missionari laici in Perù. La famiglia Cominotti Ziprian ha in affido la “cassetta” e si incarica, aiutata da qualche volonteroso collaboratore, di continuare la tradizione. Il testo della canzone e la storia della cassetta ci sono stati dati per chi volesse saperne di più.

CANTO DI S. ANTONIO

  1. Sant’Antonio giulivo e giocondo,

nominato per tutto il mondo,

chi lo tien per suo avvocato

da Sant’Antonio sarà aiutato.

 

  1. Sant’Antonio predicava

ed un angelo a lui parlava,

con parole sante e accorte

che suo padre va alla morte.

Sant’Antonio con riverenza

da quel popolo prese licenza

per volersi riposare,

poi si mise a camminare.

 

  1. La trombetta andava avanti,

e diceva a quella gente

“A questa morte è sentenziato

per aver un uomo ammazzato”.

 

  1. Sant’Antonio camminava,

e con il giudice lui parlava,

con parole sante ed accorte

“Perché mio padre va alla morte?

Se quel morto è sotterrato

lui dirà chi l’ha ammazzato”.

“Se quel morto è sotterrato!

è anche in polvere diventato!”

 

  1. Sant’Antonio allora disse

“Per virtù di Gesù Cristo

farò il morto resuscitare

e con tutti a voi parlare”.

 

  1. E fè subito in un momento

per virtù del sacramento

la pietra della sepoltura alzare,

e vivo il morto resuscitare.

E quel morto allora disse:

“Il tuo padre non è stato!

chi mi venne la morte dare

Dio gli possa perdonare”.

 

  1. “Oh miracolo certamente”

si dicea fra quella gente,

torna il Santo a predicare

e il suo padre a liberare.

 

  1. Sant’Antonio glorioso,

che nel ciel fa riposo

con Maria, gli Angeli ed i Santi,

sia avvocato a tutti quanti.

Preghiamo a quel buon Dio

Sant’Antonio giusto e pio

che vi difenda da tutti i mali

e anche i vostri animali.

 

La cassetta di S. Antonio

Memoria dell’intervista di Claudio Cominotti a Giuseppe (Bepi) Caola Stampun

La cassa con i suoi meccanismi e tutte le statuine fatte a mano, fu costruita da Giacomo Caola Stampun, falegname di Pinzolo. Per generazioni i Stampun hanno esercitato l’arte del “marangun”; ancora oggi due di essi, Andrea e Rino, sono falegnami. La sua famiglia era numerosa, composta da marito e moglie e otto figli, sei maschi e due bambine. Una sorella, Adele, si era maritata con Giovanni Cominotti Ziprian e aveva dato alla luce due bambini, Andrea (1915) e Mario (1919).

Dopo aver dato alla luce la piccola Margherita nel 1921, purtroppo morì, come succedeva di frequente a quel tempo, per infezione “post partum”. La bambina volò in cielo con la mamma. Giovanni si risposò, ed ebbe dalla seconda moglie un altro maschietto: Carlo (1924).

All’incirca nell’anno 1925 Giacomo si cimentò nella costruzione della cassetta con le otto scene del miracolo di S. Antonio: resuscitò un morto assassinato perché scagionasse il suo padre (del Santo), ingiustamente accusato dell’assassinio e condannato alla morte per impiccagione.

La diede al figlio Giuseppe (Bepi, classe 1914) e al nipote Andrea reclamando scherzosamente un compenso; i bambini avrebbero realizzato il denaro richiesto utilizzando la stessa cassetta per il “canto” del miracolo nelle stalle e presso le famiglie del paese.

Non si hanno notizie di altre cassette esistenti in quel periodo o in epoche successive. Già da qualche anno (fine ‘800 ?) non ne esistevano altre, ma Giacomo aveva ripreso una tradizione che aveva visto in giovane età. Per rispolverare il testo della cantilena si rivolsero a Matteo Bonomi Brasin.

Per alcuni anni i due bambini utilizzarono la cassetta puntualmente il 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate, mantenendo viva la singolare usanza, accompagnati sempre dai fratelli, poiché il peso della cassetta e l’efficacia del canto richiedevano l’esecuzione in gruppo.

Negli anni successivi ci fu un’alternanza di “cantori”, giovani di varie famiglie di Pinzolo che chiedevano in prestito la cassetta ai Ziprian e ai Stampun, restituendola subito dopo la festa ai legittimi proprietari. Per qualche anno la cassetta rimase anche ferma, in cantina. Negli anni  ’80 Andrea Cominotti, visto lo stato di vetustà e il deperimento della cassetta, la fece restaurare dall’abile artigiano Giorgio Maturi Grapot, che ne curò tanto la parte meccanica quanto l’involucro esterno, riportandola all’originale efficienza.

Da ventun anni a questa parte i figli e nipoti di Andrea e Mario Cominotti hanno ripreso la tradizione, cantando il miracolo a S. Antonio di Mavignola, nel giorno della sagra dopo la processione, sul sagrato della chiesa e presso locali pubblici; agli uditori viene richiesta un’offerta, devoluta per mano del missionario laico di Mavignola ing. Arrigo Maffei Cagamel ai poveri di una località di montagna del Perù dove egli ha scelto di vivere.

Il canto è stato sicuramente tratto da una storia in rima che racconta del miracolo di S. Antonio da Padova, cui è stata aggiunta l’ultima strofa per adattare il canto alla devozione di S. Antonio Abate.

Forse cantando la nostra preghiera tradizionale otterremo beneficio da entrambi i Santi, che sicuramente non saranno gelosi l’uno dell’altro.

La Casetta Sant'Antonio
La Casetta Sant’Antonio

Il filmato è stato fatto da Antonio Bonapace Rizòt.