Si parla tanto di destagionalizzazione dell’attività turistica, ma….

di G. Ciaghi

Per i residenti un mutato modo di vivere (meglio) dentro una società a vocazione turistica, capace di [strong]offrire agli ospiti la possibilità di soggiornare durante tutto l’arco dell’anno partecipando per un periodo alla vita della comunità[/strong], (avvicinandosi alla sua identità condividendone aspetti socio culturali, economici, usi, costumi, tradizioni, momenti particolari delle diverse attività che caratterizzano il territorio, magari la scuola con i propri ragazzi ..) è la proposta concreta – obiettivo ambizioso – avanzata dai relatori del Piano strategico di sviluppo sostenibile alla popolazione della Val Rendena. Realizzarla comporterebbe un salto di qualità notevole, capace di far crescere tutti, chi abita in valle e chi ci verrà: un traguardo da raggiungere, una meta cui bisogna tendere, ma alla quale bisogna anche arrivare. Anche perché l’ambiente naturale è splendido sia in autunno sia in primavera. Ed accanto agli aspetti naturali ci sono quelli artistici, presenti in ogni stagione (monumenti, spettacoli, iniziative della Biblioteca, delle Pro loco e di altri enti), quelli legati alle attività tradizionali del montanaro e quelli portati avanti dal Parco Adamello Brenta: un infinità di risorse! Il problema è quello dei tempi, del quando si riuscirà ad avere una situazione come quella ipotizzata. Ed i tempi ovviamente sono condizionati da diversi fattori.
Prima di tutto dalla convinzione che quella prospettata sia una soluzione percorribile; in secondo luogo dalla volontà di perseguirla. L’analisi dei comportamenti della maggior parte di quanti gestiscono esercizi alberghieri, garni, ristoranti, bar, negozi e strutture analoghe nel tratto che va dal passo di Campo Carlo Magno fino al rio Finale in questi ultimi anni non è andata in questa direzione. Molti hanno chiuso prima delle date comunicate in municipio. La stagione, specie quella estiva, si è accorciata sempre di più e i servizi al turista si sono ridotti di anno in anno. A parole tutti si riempiono la bocca dell’auspicio che le stagioni vanno allungate, nei fatti capita l’opposto. Chi arriva quassù in certi giorni non trova nemmeno un bar o un ristorante aperto. Quando si stava peggio, e giravano meno soldi, i servizi erano più curati. Sembra che il benessere diffuso e i guadagni abbiano prodotto un impoverimento nella cultura dell’ospitalità. Che non è in vendita sugli scaffali del supermercato (altrimenti non ci sarebbero problemi!), ma si conquista attraverso un lavoro quotidiano di formazione, di sensibilità, di rispetto dell’ospite e talvolta anche di abitudine al sacrificio e di rinuncia alle proprie comodità. La curiosità ci ha portato ad esaminare in municipio i periodi di apertura cui si erano impegnati i gestori delle diverse aziende. A Pinzolo la maggior parte di loro durante le ultime due stagioni (invernale ed estiva) hanno chiuso i propri ambienti in anticipo, o li hanno aperti in ritardo, rispetto ai tempi stabiliti. Ma non di poco; né si tratta di casi isolati. Su una quarantina di esercizi presi in esame, la metà di loro ha ridotto in itinere la propria apertura rispetto a quella comunicata all’inizio dell’anno e sulla quale si era impegnata a tener aperto. Si va dai 177 giorni in meno di un’azienda alberghiera ai 144 di un’altra, e poi da 87, a 46, a 41, a 39, a 35, a 32, 31, 29, 28, 25, 20, 13…..e si finisce a 2. Per la verità va anche detto che due hotel hanno invece protratto di qualche giorno la loro attività. Il problema è che se un cliente sa che in una località trova aperto e che vi può incontrare altra gente, non si fa problemi a raggiungerla, anche in maniera estemporanea, decidendo dall’oggi al domani senza prenotare come capita sempre più spesso di questi tempi. Del fatto informa gli amici: sarà lui a pubblicizzare il posto, e in maniera ben più efficace dei depliant e dei volantini distribuiti dalle Apt. Se invece un turista arriva e trova tutto chiuso, lo dice anche agli altri con effetti negativi sull’intera attività promozionale dei nostri paesi. Significativo è l’esempio dei visitatori della chiesa di san Vigilio. Sono cresciuti in maniera esponenziale, arrivati ormai intorno alle 40.000 unità. Le guide turistiche sanno di trovar sempre aperta la chiesa e di poter contare sulla sua apertura in ogni stagione dell’anno. Così ne hanno fatto una meta abituale, sempre più visitata fuori stagione quando i monumenti in altre località non sono accessibili.[/A_CAPO]