La casa del console che si vuole abbattere per un condominio…

di G. Ciaghi

“Quod non fecerunt barbari, fecerunt Baberini!” Quel che i barbari non ebbero il coraggio di fare (il riferimento è alla distruzione del Colosseo), lo fecero i Barberini, il potente casato romano che ne usò i blocchi per costruire i suoi palazzi, insieme agli Orsini, ai Chigi e a tanta altra nobiltà. Palazzinari di un tempo e palazzinari di oggi. A Madonna di Campiglio si assiste da cinquant’anni in qua ad analogo comportamento nei confronti degli edifici che hanno segnato la storia della stazione turistica. Messa in un angolo l’antica chiesetta dalla costruzione lì vicino del nuovo tempio, fatto a pezzi l’Hotel des Alpes, stravolto il Savoia, per non accennare che ad alcuni interventi…, quello che l’insipienza di qualcuno e i nuovi barbari, gli speculatori arrembanti venuti da fuori, non sono riusciti a distruggere, lo stanno completando le famiglie “bene”del posto. L’ultimo episodio, un vulnus gravissimo, una ferita che il tempo non potrà mai rimarginare se non si riuscirà in qualche modo a porvi rimedio, è stato portato al patrimonio urbanistico della località addirittura dall’amministrazione comunale. Che nella sua ultima seduta di consiglio, pur tra forti contrasti, ha deciso l’abbattimento della casa del console danese e la sua ricostruzione in deroga al Prg. Tradizioni, usi, storia, cultura, ricordi, ambiente, il bene comune sono stati sacrificati sull’altare degli interessi privati. “…ma l’ospite più simpaticamente curioso – scriveva il dottor Rõggle nei suoi “Ricordi nostalgici di Campiglio” – era di certo il console danese Boesgaard , residente in Genova. Innamorato di Campiglio, nel 1926 si fece costruire un INCANTEVOLE VILLINO IN PERFETTO STILE DANESE. La villa, originariamente all’inizio del sentiero Panorama, ORMAI E’ DIVENTATA UN RARO DOCUMENTO DELL’EPOCA, tuttora ammirato dai numerosi visitatori di Campiglio…”. “E’ una delle più antiche abitazioni del paese – ha ribadito in aula Giovanna Binelli, assessore agli aspetti sociali – forse la più storica visto che è l’unica che non è stata mai toccata…è lì come è stata costruita. Fa parte dell’identità del territorio e dell’abitato di Campiglio. Non è in perfetto stile alpino, ma proprio per la sua singolarità dovrebbe essere conservata. Ha accompagnato per decenni il panorama del paese diventandone parte integrante e caratteristica a dispetto – anzi forse proprio per questo – delle sue forme più scandinave che alpine…”[/A_CAPO]
Gli amministratori giustificano il loro atto dicendo che l’assenso alla deroga era dovuto in quanto la casa non appare come edificio storico nel Prg, che è colpa dei loro predecessori, che è stato un errore di quanti hanno governato prima di loro. Dimenticando che sono stati mandati in comune proprio per rimediare agli errori del passato e che derogare al Prg non è un obbligo. Anzi! Sconcerta poi che a Campiglio nessuno si sia mosso, non la Consulta frazionale, non la Pro loco o l’Apt, che in fondo dovrebbero avere a cuore la salvaguardia del patrimonio urbanistico della stazione, delle sue radici e della sua identità. Durante l’inverno gli incontri promossi su “Storia e identità: percorso attraverso la storia, i fatti e i personaggi che hanno definito l’identità del territorio” promossi dal Comune davanti a comportamenti come quello di cui sopra hanno tutto il sapore di una amara presa in giro. [/A_CAPO]
A nessuno è venuto in mente di acquisire quell’edificio per farne una casa sociale della comunità, una specie di museo che raccogliesse la storia di Campiglio, delle Guide alpine, delle grandi manifestazioni che hanno ritmato la vita sportiva della località, la casa delle Dolomiti che stanno per diventare patrimonio dell’Unesco?…Si farebbe ancora a tempo. Al momento la speranza è che la Provincia, come organo di tutela, usi maggior buon senso degli amministratori comunali, sospenda l’approvazione della deroga e inviti ad un’ulteriore riflessione. Una volta abbattuto, l’edificio, il bene non c’è più.[/A_CAPO]